Sul Corriere
della Sera dell’8-5-20010, si legge l’affermazione di Enrico
Letta : “L’Italia senza Campania e Sicilia avrebbe un Pil
pro capite come la Germania “. Ed ha aggiunto che i fondi UE
al sud hanno sortito l’effetto opposto: Valanghe di soldi
impegnati a riequilibrare hanno centrato l’obiettivo ovunque
tranne in Calabria, Campania e Sicilia.” Le dichiarazioni di
Letta sono state presentate dal Corriere come un
avvicinamento alla posizione politica della Lega.
Io ritengo,
avvalendomi della mia esperienza di Sindaco di Messina per
il quadriennio 1994-98 e di presiedente dell’AICCRE Sicilia
per oltre un decennio, che i fatti non possono essere
discussi perché la realtà dei dati è certamente quella
indicata da Letta, però la conclusione non può essere quella
di separare i buoni dai cattivi e dividere l’Italia in due.
Bi sogna capire qual’è il problema e trovare le soluzioni
politiche opportune.
Come già
sostenuto dall’ AICCRE Sicilia nel 2004, nel corso della mia
presidenza (v. documento allegato) nella Regione siciliana è
necessaria una profonda riforma istituzionale che consenta:
1)l’eliminazione dei notevoli sprechi amministrativi (gran
quantità di personale, burocrazia assillante e spesso
corrotta che ritarda ogni provvedimento; 2) modifica del
sistema degli Enti Locali in applicazione degli articoli
117,118 e 119 della Costituzione.
Nel 1946,
quando è stato approvato lo statuto che attribuisce
autonomia speciale alla Sicilia, la regione soffriva di un
degrado socio-economico notevole, che veniva attribuito alla
crisi dei latifondi agricoli, alla cattiva gestione dei
proprietari, all’assenza di una politica di innovazione. Per
provvedere con una risposta ai bisogni impellenti della
popolazione siciliana si fondò l’autonomia su una forte
potestà amministrativa dell’Ente Regione, in modo da
favorire la capacità di spesa pensando di creare validi
incentivi per favorire la produzione, la formazione, e lo
sviluppo sociale. In realtà l’attività prevalente dell’Ente
Regione divenne quella di distribuire sul territorio
sussidi (v. il moltiplicarsi degli enti di formazione
professionale, dei patronati di assistenza etc..) nella
speranza di aiutare la popolazione priva di sostegni
economici ed indirettamente favorire la crescita delle
produttività esistenti. Così, la spesa regionale divenne la
fonte del peggiore clientelismo politico e gli enti locali
fortemente dipendenti dalla Regione, si inserirono in un
sistema in cui sono stati creati una gran quantità di
sprechi, fonti di innumerevoli clientele e queste ultime
hanno alimentato il potere di una classe dirigente che ha
trovato più comodo distribuire assecondando le richieste
localistiche, anziché scommettere su un progetto globale di
sviluppo.
Negli anni
2003-2004, durante la Presidenza della Regione Siciliana
dell’on. Capodicasa, l’assemblea tentò di varare una
profonda riforma dello Statuto e l’AICCRE, si inserì in
questo procedimento proponendo il documento qui allegato.
La proposta
dei comuni aderenti all’AICCRE, consisteva nell’adeguamento
dello Statuto al nuovo capo V della Costituzione nella parte
in cui è stato abbandonato il sistema dell’organizzazione
dei poteri delle autonomie locali in forma verticale e si è
preferito dividere le competenze in base al principio della
“sussidiarietà”, che conferisce i poteri esecutivi ed
amministrativi all’ente più vicino al luogo in cui si
manifestino i bisogni, per risalire verso istituzioni di
maggiore dimensione, allorché le risposte richiedano
strumenti o poteri non disponibili a livello locale (art.118
Cost.). La Regione in base al nuovo disposto costituzionale
deve assumere soprattutto una funzione legislativa per tutto
il territorio, sulle materie attribuite dallo Statuto e
programmare lo sviluppo attraverso un progetto, approvato
con legge, che coinvolga gli Enti locali. L’esercizio del
potere amministrativo, esercitato dagli enti locali,
dovrebbe attuarsi all’interno della programmazione
regionale. La Regione inoltre è tenuto ad attuare un sistema
di controllo sugli atti degli Enti locali, in modo da
garantire la correttezza del sistema e della spesa pubblica
(v. art. 130 Cost.) L’indicato controllo deve consistere
nella verifica dell’adeguamento degli Enti locali alla
progettazione Regionale e nel rispetto formale della
legittimità degli atti. Esso quindi non ha carattere
politico ma prevalentemente tecnico-giuridico, quindi va
affidato ad una Autorità indipendente.
Con questa
riforma è possibile attuare una notevole limitazione del
potere di spesa a pioggia ed il ridimensionamento
dell’attuale pletorico apparato amministrativo regionale. I
Comuni diventerebbero titolari del potere di spesa da
esercitare anche attraverso consorzi, con piena
responsabilità per l’attuazione dei servizi alle persone e
per la realizzazione dei progetti di sviluppo delle città.
Potrebbero studiare i loro bilanci conoscendo bene le
entrate e con la libertà di potersi avvalere dei più
progrediti sistemi informatici, per offrire ai cittadini
informazioni e servizi con immediatezza e puntualità.
E’ possibile
immaginare un progetto di sviluppo regionale, costruito ed
approvato con legge regionale che obblighi l’intero sistema
di spesa delle autonomie locali ? In altri termini è
possibile che la spesa pubblica per il mantenimento degli
enti sia limitata all’essenziale e che ogni spesa eccedente
ed estranea all’attuazione del progetto di sviluppo sia
ascritta alla responsabilità personale di chi la dispone? Le
somme indicate in finanziaria per il progetto regionale di
sviluppo possono essere rigide?
Ritengo che
ciò sia necessario e che ogni trasgressione debba essere
comunicata alla Corte dei Conti e che questa battaglia debba
qualificare le forze politiche che mirano a un vero
rinnovamento.
La proposta
di attuare la riforma della Regione può costituire
l’elemento positivo indicativo della volontà politica di
abbandonare gli sprechi ed i condizionamenti clientelari e
mafiosi, è può essere la condizione essenziale per
affrontare positivamente un serio sistema di federalismo
fiscale. Però ritengo che sull’altro piatto della bilancia
lo Stato debba offrire la vera infrastrutturazione
dell’isola. I tanti progetti di porti, ferrovie, strade
devono diventare realtà, in modo che si avvii seriamente un
processo nuovo di crescita economica e sociale della
Sicilia.
Il dialogo
politico con Lombardo ritengo debba aprirsi su questa
prospettiva, cioè sullo scambio fra profonda modifica
dell’assetto strutturale della Regione e degli Enti Locali
garantita dalla nuova politica regionale ed avvio di un
serio processo di ristrutturazione del territorio garantito
dallo Stato.
Gradirei
conoscere il parere di Enrico Letta. |