Favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo.
 
 
 
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Le finalità della Fondazione

 
La Fondazione si propone di agevolare il formarsi di una cultura dello sviluppo nelle regioni più deboli del paese con particolare riferimento alla regione Sicilia. In questo senso occorre creare azioni sinergiche tra le regioni meridionali finalizzate a realizzare in Sicilia efficienti politiche della formazione, nonché a favorire tutte le forme di partecipazione orientate ad una migliore tutela dei diritti. In questo contesto è importante favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo, individuando nella Sicilia il territorio ideale per ubicare iniziative culturali che facciano di essa un vero e proprio hub della conoscenza.
 

Gli impegni
     
 

Nel perseguimento dello scopo istituzionale, la fondazione si impegna a:

a) svolgere ricerche e corsi di formazione che mirino a diffondere la cultura della partecipazione consapevole;
b) promuovere attività editoriali limitatamente allo scopo istituzionale;
c) divulgare le proprie iniziative attraverso i mass media e la rete internet;
d) organizzare in Sicilia convegni e incontri a livello nazionale ed internazionale per facilitare il dialogo tra i popoli del mediterraneo;
e) svolgere indagini finalizzate alla migliore conoscenza delle condizioni di vita dei popoli della regione mediterranea;
f) supportare attraverso la documentazione e la ricerca le attività delle istituzioni impegnate negli ambiti in oggetto;
g) diventare membro di altre organizzazioni e stipulare convenzioni con altre istituzioni

 
     
 
 
   
   


 

Note sull’intervento di Enrico Letta sul Sud

Franco Providenti
 

Sul Corriere della Sera dell’8-5-20010, si legge l’affermazione di Enrico Letta : “L’Italia senza Campania e Sicilia avrebbe un Pil pro capite come la Germania “. Ed ha aggiunto che i fondi UE al sud hanno sortito l’effetto opposto: Valanghe di soldi impegnati a riequilibrare hanno centrato l’obiettivo ovunque tranne in Calabria, Campania e Sicilia.” Le dichiarazioni di Letta sono state presentate dal Corriere come un avvicinamento alla posizione politica della Lega.

Io ritengo, avvalendomi della mia esperienza di Sindaco di Messina per il quadriennio 1994-98 e di presiedente dell’AICCRE Sicilia per oltre un decennio, che i fatti non possono essere discussi perché la realtà dei dati è certamente quella indicata da Letta, però la conclusione non può essere quella di separare i buoni dai cattivi e dividere l’Italia in due. Bi sogna capire qual’è il problema e trovare le soluzioni politiche opportune.

Come già sostenuto dall’ AICCRE Sicilia nel 2004, nel corso della mia presidenza (v. documento allegato) nella Regione siciliana è necessaria una profonda riforma istituzionale che consenta: 1)l’eliminazione dei notevoli sprechi amministrativi (gran quantità di personale, burocrazia assillante e spesso corrotta che ritarda ogni provvedimento; 2) modifica del sistema degli Enti Locali in applicazione degli articoli 117,118 e 119 della Costituzione.

Nel 1946, quando è stato approvato lo statuto che attribuisce autonomia speciale alla Sicilia, la regione soffriva di un degrado socio-economico notevole, che veniva attribuito alla crisi dei latifondi agricoli, alla cattiva gestione dei proprietari, all’assenza di una politica di innovazione. Per provvedere con una risposta ai bisogni impellenti della popolazione siciliana si fondò l’autonomia su una forte potestà amministrativa dell’Ente Regione, in modo da favorire la capacità di spesa pensando di  creare validi incentivi per favorire la produzione, la formazione, e lo sviluppo sociale. In realtà l’attività prevalente dell’Ente Regione divenne quella di  distribuire sul territorio sussidi (v. il moltiplicarsi degli enti di formazione professionale, dei patronati di assistenza etc..) nella speranza di aiutare la popolazione priva di sostegni economici ed indirettamente favorire la crescita delle produttività esistenti. Così, la spesa regionale divenne la fonte del peggiore clientelismo politico e gli enti locali fortemente dipendenti dalla Regione, si inserirono in un sistema in cui sono stati creati una gran quantità di sprechi, fonti di innumerevoli  clientele e queste ultime hanno alimentato il potere di una classe dirigente che ha trovato più comodo distribuire assecondando le richieste localistiche, anziché scommettere su un progetto globale di sviluppo.

Negli anni 2003-2004, durante la Presidenza della Regione Siciliana dell’on. Capodicasa, l’assemblea tentò di varare una profonda riforma dello Statuto e l’AICCRE, si inserì in questo procedimento proponendo il documento qui allegato.

La proposta dei comuni aderenti all’AICCRE, consisteva nell’adeguamento dello Statuto al nuovo capo V della Costituzione nella parte in cui è stato  abbandonato il sistema dell’organizzazione  dei poteri delle autonomie locali in forma verticale e si è preferito dividere le competenze in base al principio della “sussidiarietà”, che conferisce i poteri esecutivi ed amministrativi all’ente più vicino al luogo in cui si manifestino i bisogni, per risalire verso istituzioni di maggiore dimensione, allorché le risposte richiedano strumenti o poteri non disponibili a livello locale (art.118 Cost.).  La Regione in base al nuovo disposto costituzionale deve assumere soprattutto una funzione legislativa per tutto il territorio, sulle materie attribuite dallo Statuto e programmare lo sviluppo attraverso un progetto, approvato con legge, che coinvolga gli Enti locali. L’esercizio del potere amministrativo, esercitato dagli enti locali, dovrebbe attuarsi all’interno della programmazione regionale. La Regione inoltre è tenuto ad attuare un sistema di controllo sugli atti degli Enti locali, in modo da garantire la correttezza del sistema e della spesa pubblica (v. art. 130 Cost.) L’indicato controllo deve consistere nella verifica dell’adeguamento degli Enti locali alla progettazione Regionale e nel rispetto formale della legittimità degli atti. Esso quindi non ha carattere politico ma prevalentemente tecnico-giuridico, quindi va affidato  ad una Autorità indipendente.

Con questa riforma è possibile attuare una notevole  limitazione del potere di spesa a pioggia ed il ridimensionamento dell’attuale pletorico apparato amministrativo regionale. I Comuni diventerebbero titolari del potere di spesa da esercitare anche attraverso consorzi, con piena responsabilità per l’attuazione dei servizi alle persone e per la realizzazione dei progetti di sviluppo delle città. Potrebbero studiare i loro bilanci conoscendo bene le entrate e con la libertà di potersi avvalere dei più progrediti sistemi informatici, per offrire  ai cittadini informazioni e servizi con immediatezza e puntualità.

E’ possibile immaginare un progetto di sviluppo regionale, costruito ed approvato con legge regionale che obblighi l’intero sistema di spesa delle autonomie locali ? In altri termini è possibile che la spesa pubblica per il mantenimento degli enti sia limitata all’essenziale e che ogni spesa eccedente ed estranea all’attuazione del progetto di sviluppo sia ascritta alla responsabilità personale di chi la dispone? Le somme indicate in finanziaria per il progetto regionale di sviluppo possono essere rigide?

Ritengo che ciò sia necessario e che ogni trasgressione debba essere comunicata alla Corte dei Conti e che questa battaglia debba qualificare le forze politiche che mirano a un vero rinnovamento.

La proposta di attuare la riforma della Regione può costituire l’elemento positivo indicativo della volontà politica di abbandonare gli sprechi ed i condizionamenti clientelari e mafiosi, è può essere la condizione essenziale per affrontare positivamente un serio sistema di federalismo fiscale. Però ritengo che sull’altro piatto della bilancia lo Stato debba offrire la vera infrastrutturazione dell’isola. I tanti progetti di porti, ferrovie, strade devono diventare realtà, in modo che si avvii seriamente un processo nuovo di crescita economica e sociale della Sicilia.

Il dialogo politico con Lombardo ritengo debba aprirsi su questa prospettiva, cioè sullo scambio fra profonda modifica dell’assetto strutturale della Regione e degli Enti Locali garantita dalla nuova politica regionale ed avvio di un serio processo di ristrutturazione del territorio garantito dallo Stato.

Gradirei conoscere il parere di Enrico Letta.

 
( http://lanuovacitta.blog.tiscali.it  )

 
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