Un "pensatoio". Con l'ambizioso
tentativo di elaborare una nuova sensibilità
mieridiontilista e che proietti la "Questione Meridionale"
in un ben più vasto bacino, quello del Mediterraneo. Perché,
se la "Questione Meridionale" non diventa là "Questione
Mediterranea", probabilmente
non troverà mai una soluzione, così come è stato finora. E'
questa la missione affidata alla Fondazione "Nuovo
Mezzogiorno", nata da qualche mese ed alla quale hanno
aderito finora ben 72 soci, tra i quali parecchi esponenti
del mondo universitario e dell'economia. La Fondazione
"Nuovo Mezzogiorno", che non ha fini di lucro, riconosciuta
con decreto del presidente della Regione, ha sede legale a Catania ed uffici in tutte le nove
province.
Elaborare un nuovo meridionalismo,
dunque, anche alla luce dell'imminente avvio del federalismo
fiscale, in un contesto dove la cultura politica è in fase
degradante, anche a causa dell'irrompere sulla scena
politica nazionale di partiti sempre più leaderistici. "La
Fondazione - si legge nell’atto di nascita - ha lo scopo di
agevolare la formazione di una nuova cultura delle sviluppo
delle regioni più deboli del Paese, con particolare
riferimento alla Regione siciliana. In questo senso,
occorre creare azioni sinergiche tra le regioni meridionali
finalizzate a realizzare in Sicilia efficaci politiche
della formazione, nonché favorire tutte le forme di
partecipazione orientate ad una migliore tutela dei
diritti".
Le sfide che attendono nei prossimi
anni il Sud d'Italia e la Sicilia in particolare, sono
piuttosto impegnative, a cominciare dal federalismo
fiscale. "Federalismo fiscale - sottolinea Salvo Andò - che
non può essere iniquo. Occorrono criteri di perequazione
equilibrati. Non può essere il ricco Nord a valutare il Sud.
Necessitano standard equi anche per la valutazione delle
Università che, ovviamente, non possono essere tutte eguali,
mancando al Sud i finanziatori privati ed un retroterra
produttivo. Allora, se il metro di riconoscimento delle
capacità formative di una Università è il lasso di tempo
che un giovane laureato impiega a trovare un lavoro, è
chiaro che le Università meridionali non possono rientrare
nel novero delle più virtuose. Quindi, avranno meno
finanziamenti pubblici. Intanto, i giovani che vi si
laureano vanno a cercare lavoro altrove: il danno e la
beffa. Analogo ragionamento va fatto per i costi standard
che si vogliono introdurre nella sanità che non vorrebbe
tenere completamente conto dei costi storici che, va
detto, sono anche il frutto di errori storici".
Insomma, "rilanciare la questione
meridionale non significa volere tornare al passato -
continua l'atto di nascita della Fondazione - non significa
solo attrarre più risorse al fine di garantire un'economia
di mera sussistenza, ma significa fare dei vecchi e nuovi
problemi del Sud una questione nazionale, spiegando
soprattutto alle giovani generazioni che un Paese in cui
prevale la legge della giungla a causa di una difesa
aggressiva dei particolarismi, in cui quindi la
ridistribuzione delle risorse nel territorio è destinata ad
essere sempre più iniqua, sarà inevitabilmente un Paese più
povero, più sfiduciato, più disordinato, anche a causa dei
flussi migratori massicci che prendono la via del Nord. Se
non si pone mano ad una politica di valorizzazione delle
risorse umane, il Sud non ha futuro e rischia di essere
sempre più abbandonato a se stesso".
Una disincantata descrizione della
realtà che la Fondazione "Nuovo Mezzogiorno" intende in
qualche modo modificare con gli strumenti che le sono
propri: studio, ricerca e formazione. Ed, infatti,
l'attività prevista è stata suddivisa in sei commissioni,
che si occuperanno di: Diritto e bioetica; Biotecnologia e
sanità; Industria e sviluppo; Individuo e società;
Cooperazione internazionale; Cultura e formazione.
Mezzogiorno in primo piano, dunque, ma con la testa ed il cuore rivolti
verso i Paesi della sponda sud del Mare Mediterraneo. "È qui
che si creeranno le condizioni - conclude Andò - per un
dialogo fra il mondo occidentale e il mondo senza sviluppo.
E' questa area il laboratorio naturale delle politiche
della tolleranza e della cooperazione economica che si
continuano ad auspicare in occasione dei vertici mondiali".
Pertanto, la Questione Meridionale va vissuta con la
consapevolezza che essa sempre più si identifica con la
grande Questione Mediterranea". |