| La riforma elettorale, una volta 
					approvata alla Camera, sembra destinata ad andare in porto, 
					nonostante le prevedibili difficoltà che essa incontrerà in 
					Senato. Si tratta di un innegabile successo sia per Renzi 
					che per Berlusconi, che hanno dovuto fare i conti con 
					resistenze, esplicite e 
					non, all’interno dei rispettivi schieramenti. Sono 
					molti, infatti, coloro i quali confidavano, e confidano , in 
					possibili colpi di scena destinati a sconfessare
					 il patto stipulato 
					tra i due leader, anche allo scopo di rimettere in 
					discussione assetti di partito e di governo tutt’altro che 
					consolidati. E però,se venisse
					  affossata
					 la legge elettorale,o 
					stravolta ,inevitabilmente salterebbe l’intero 
					pacchetto delle riforme concordate, con la conseguenza che 
					la legislatura precipiterebbe verso un’ inevitabile 
					conclusione. La riforma della legge elettorale 
					esitata  
					dalla Camera  non 
					è quella che era stata promessa. Si era spiegato, 
					soprattutto da parte di Renzi, che con la nuova legge 
					elettorale finalmente i cittadini italiani sarebbero stati 
					in grado di conoscere ,la stessa sera del voto, chi avrebbe 
					governato il paese e  con 
					quale maggioranza. Non sarebbe 
					più accaduto, quindi, ciò che è accaduto dopo le 
					elezioni del febbraio del 2013, quando nessun partito ha 
					vinto in entrambi i rami del Parlamento .Una situazione 
					questa che non ha consentito al Presidente della Repubblica 
					di dare al leader della coalizione più votata l’incarico di 
					formare il governo. Questo rischio, con l’Italicum, pare 
					tutt’altro che scongiurato. La riforma elettorale, stando al 
					testo approvato alla Camera ,non si applica infatti al 
					Senato perché si è deciso  di 
					stralciare l’articolo 2 a seguito dei
					 dissensi 
					manifestatisi nella maggioranza
					 su questo punto dalla 
					riforma. Si è pervenuti ad una soluzione di compromesso che 
					poco garantisce sul terreno della governabilità .Se si 
					dovesse votare domani con questa legge è tutt’altro che 
					scongiurato il rischio di maggioranze asimmetriche tra 
					Camera e  Senato;si 
					riproporrebbe la  situazione
					 che ha costituito la 
					spina nel fianco dei 
					governi formatisi nelle ultime legislature. Si   è 
					spiegato che l’amputazione di una parte della riforma, 
					quella che riguardava l’elezione del Senato, non dovrebbe 
					creare problemi perché il Senato sarà abolito. Dovrebbe, 
					infatti ,essere solo la Camera in una forma di governo 
					ridisegnata, a dare la fiducia o sfiducia. Ed
					 alla Camera, con 
					questa legge, vi sarebbe  una 
					sicura maggioranza grazie al premio o al doppio turno .Le 
					cose, tuttavia, non sono così semplici come si vuole fare 
					credere. Almeno per due ragioni. Se 
					una legge ordinaria come quella elettorale ha avuto 
					finora un cammino così tribolato , nonostante che gli 
					attuali deputati vengano da  essa 
					garantiti attraverso i listini che rimarranno bloccati, non 
					è azzardato prevedere 
					difficoltà ben più serie quando si dovrà approvare 
					la riforma che   sopprime 
					il  Senato come 
					seconda camera. Si tratterà di convincere i senatori a 
					tornarsene tutti a  casa 
					per sempre .E se  essi 
					non dovessero convincersi  ,è 
					molto probabile che si vada  ad 
					elezioni anticipate.  E qui si viene alla seconda difficoltà. 
					Con quale legge? Sicuramente con due leggi diverse,una per 
					la Camera(l’Italicum), un’altra per il Senato. La legge per 
					la Camera prevederebbe  soglie 
					e  premi, insomma 
					tutto ciò che occorre per garantire(almeno in teoria) la 
					governabilità;l’altra legge, quella per il Senato,che non 
					può che essere   quella 
					uscita dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha 
					dichiarato la incostituzionalità del 
					porcellum , sarà una legge di stampo assolutamente 
					proporzionalista. Il disegno di legge originario, 
					prevedendo un unico sistema elettorale per Camera e Senato, 
					aveva lo scopo di creare una sorta di clausola di 
					salvaguardia nel caso in cui si dovesse andare alle elezioni 
					prima di approvare la riforma del Senato. Si trattava di 
					evitare  che le 
					elezioni potessero dare una 
					maggioranza diversa tra Camera e Senato. Oggi questo 
					rischio esiste,soprattutto se si tiene conto che il 
					bipolarismo è diventato tripolarismo, e che uno dei tre poli 
					non è disponibile ad allearsi con nessuno degli altri due 
					perché intende andare al governo 
					da solo. Siamo insomma di fronte ad una sorta di 
					tripolarismo imperfetto che sembra costringere alle larghe 
					intese. Al di là,però, di questi problemi 
					che connotano 
					il nostro bipolarismo come irreversibilmente 
					malato , in occasione delle votazioni alla Camera 
					sono emerse delle difficoltà che riguardano la tenuta della 
					maggioranza che dovrebbe approvare le riforme. Non pare, 
					infatti .che vi sia una forte convinzione dentro i partiti 
					della coalizione di governo 
					a tradurre in legge i contenuti dell’accordo 
					Renzi-Berlusconi, forse anche per ragioni che attengono alla 
					durata della legislatura, considerato che non conviene a 
					tutti farla durare a lungo. Dissensi
					 larghi all’interno 
					dei partiti ,soprattutto del PD,si erano manifestati 
					peraltro  in 
					occasione  
					dell’elezione del Presidente della Repubblica. E’ giusto 
					ricordare che sia Marini che Prodi furono abbattuti
					 dal fuoco amico. 
					 Tenuto conto di questa situazione di 
					confusione, c’è da chiedersi se davvero la legge elettorale, 
					la legge elettorale da sola, possa garantire la 
					governabilità,imponendo il bipolarismo,anche quando esso 
					pare rifiutato da larghi settori dei partiti presenti in 
					Parlamento. Le leggi elettorali possano consolidare tendenze 
					che vi sono  nel 
					paese e che sono realmente condivise dagli attori 
					politici .Se si registrano  all’interno 
					delle due grandi aree politiche che si contendono la guida 
					del governo divisioni che riguardano
					 la stessa identità 
					politica di un  partito 
					o di  uno schieramento 
					,e  se 
					tali  
					divisioni si riflettono anche nei comportamenti tenuti dai
					 parlamentari quando 
					si tratta di votare le riforme, a poco valgono i premi di 
					maggioranza previsti per garantire la stabilità politica. Un 
					premio di maggioranza, per quanto cospicuo, può consentire 
					ad un partito o ad  uno 
					schieramento di conquistare  la 
					maggioranza assoluta,superandola per qualche decina di 
					seggi. Se il numero dei franchi tiratori 
					è molto alto, esso neutralizzerà ampiamente i 
					vantaggi assicurati al partito che vince le elezioni dalla 
					legge elettorale. Insomma, le leggi elettorali che mirano a 
					garantire  il 
					bipolarismo e la governabilità possono funzionare  
					 se  gli 
					attori politici ne condividono fino in fondo la 
					filosofia. Il che significa che i leader politici devono 
					possedere una capacità di persuasione tale da realizzare, 
					attraverso le loro proposte ,un’efficace sintesi tra
					 posizioni 
					che sono tra di loro anche assai distanti. Queste 
					distanze non  
					possono essere  
					annullate dalle leggi elettorali,ma  
					resistono a qualunque tipo di coazione da esse 
					esercitata. La navigazione parlamentare delle riforme sarà 
					dunque serena se chi dirige i 
					 partiti avrà la pazienza e il prestigio necessari 
					per creare se non 
					l’unanimità quantomeno 
					 un largo consenso tra i parlamentari,anzitutto 
					consentendo loro una discussione davvero libera sui 
					provvedimenti  
					che si devono votare. |