Sono tanti coloro i quali manifestano
scetticismo di fronte ai provvedimenti annunciati da Renzi
per il rilancio dell’economia, soprattutto per quanto
riguarda la ripresa dei consumi interni e il pagamento dei
debiti che le imprese vantano nei confronti della pubblica
amministrazione. Si spiega che gli annunci fatti dal Primo
Ministro costituiscono null’altro che delle promesse
elettorali destinate, dopo maggio, a ritorcersi contro il
governo.
Le opinioni degli addetti ai lavori sulla
fattibilità del “piano di rinascita” esposto dal Premier,
con un linguaggio definito da televendita, sono discordanti.
E tuttavia, anche chi contesta le stime ed il cronoprogramma
del governo pare approvarne il dinamismo. Sembra diffondersi
tra la gente un clima di fiduciosa attesa. Tenuto conto di
ciò, pare davvero inspiegabile la dura, quotidiana
contestazione a cui vengono sottoposti gli indirizzi del
governo da
alcuni settori dell’opposizione che, però, si guardano bene
dal proporre ricette alternative. E’ come se qualcuno
temesse che qualcosa possa davvero cambiare, che si possano
raggiungere dei risultati non conseguiti dei precedenti
governi, che il paese riesca davvero a tirarsi fuori dalle
sabbie mobili nelle quali sembrava essere definitivamente
precipitato.
C’è un atteggiamento che si potrebbe
definire “antitaliano” da parte di alcuni settori politici,
che sembrano temere un miglioramento della situazione, quasi
che se le cose dovessero andare bene per questo governo
inevitabilmente andrebbero male per loro.
Una cosa pare comunque certa. Con buona
pace di coloro che militano nel partito del tanto peggio
tanto meglio, alcuni obiettivi politici Renzi li ha già
conseguiti. Vediamo quali.
a) Un nuovo clima politico regna nel
paese, grazie alla fine, o alla sospensione, della guerra
perpetua tra berlusconiani
ed antiberlusconiani. Lo schieramento di opposizione
continua a essere forte e però esso al proprio interno pare
essere assai articolato. E’ un fatto che grazie allo
sdoganamento del Cavaliere, capo indiscutibile
dell’opposizione di centro destra, si è riusciti a fare
partire il treno delle riforme, anche se allo stato non si è
in grado di capire se esso arriverà a destinazione.
L‘accordo Renzi – Berlusconi sta comunque reggendo,
nonostante gli sforzi compiuti da quanti cercano di farlo
fallire. Ciò ha creato una frattura sul fronte
dell’opposizione, isolando il partito dell’antipolitica e
del giustizialismo.
b) Renzi è stato in grado finora di
muoversi lungo l’itinerario concordato con la sua composita
maggioranza, evitando impuntature ideologiche e lotte per la
visibilità tra le varie componenti. Se tale situazione si
consoliderà, il governo potrà operare senza affogare nella
palude dell’indecisionismo, così com’è avvenuto per i
governi guidati da Monti e Letta. Sembra, tra l’altro, che
all’interno della coalizione i differenti punti di vista di
eurolealisti e euroscettici vengano efficacemente portati a
sintesi dal Premier che si sforza, a livello europeo, di
promuovere una strategia della persuasione senza fare guerra
a nessuno. La stessa cosa sta avvenendo nei rapporti col
sindacato, che viene spronato dal governo ad evitare certi
irrigidimenti corporativi; è un fatto positivo che anche la
parte più intransigente del mondo sindacale, si pensi al
leader della FIOM Landini, mandi segnali di attenzione verso
l’azione riformatrice a 360° annunciata dal Premier.
Renzi, inoltre, attraverso la strategia
dei due forni praticata nei confronti del centrodestra -
cioè dialogando con il partito Alfano, che sta al governo, e
con quello di Berlusconi, che sta all’opposizione - crea tra
i due partiti una situazione di oggettiva competizione sul
terreno del sostegno dare ad una coraggiosa linea
riformista. Finalmente il centrodestra sta facendo qualcosa
di concreto per rendere credibile la proposta di una
rivoluzione liberale che negli anni passati ha cercato di
realizzare solo a parole. Questo tipo di competizione tra i
due partiti consente una grande libertà di movimento al
Premier.
c) In attesa di poter realizzare una
riforma della forma di governo, Renzi ha fatto passare tra i
suoi il principio secondo cui al segretario del partito di
maggioranza relativa, scelto peraltro dagli elettori e non
soltanto dagli iscritti attraverso le primarie, spetta la
guida del governo. Su questo punto ha incassato il deciso
appoggio del Presidente della Repubblica che ha favorito il
passaggio da un governo del Presidente ad un governo del
Premier, un governo politico. Oggi il capo del governo ha
conquistato una posizione indiscutibilmente baricentrica
all’interno del sistema politico che gli consente di non
vivacchiare ma di disporre di una piena autonomia
decisionale. Se dovessero manifestarsi all’interno della
maggioranza volontà crisaiole, sarà Renzi a decidere se e
quando andare alle elezioni. Da questo punto di vista, si va
registrando una torsione della forma di governo in direzione
del modello del Premierato inglese.
d) Il Premier ha un ottimo rapporto con
Napolitano ma certamente non è sotto la tutela del
Presidente, né ha ricevuto dal Presidente un mandato
condizionato. Egli è non solo il leader della maggioranza di
governo, ma anche il punto di riferimento delle forze
dell’arco costituzionale con le quali le riforme vanno
concordate. Ha quindi una grande libertà di manovra nella
ricerca di soluzioni e di nuovi interlocutori tutte le volte
in cui la situazione parlamentare gli impone di muoversi in
questa direzione. Alcuni giustamente osservano che siamo di
fronte ad una forma di leaderismo plebiscitario. Ma ciò
sicuramente non creerà a Renzi dei problemi con Silvio
Berlusconi.
e) Il premier, infine, ha dato prova di
grande autonomia di giudizio nel gestire la prima seria
grana che ha dovuto affrontare il governo, quella che
riguardava il mantenimento in carica dei sottosegretari che
avevano ricevuto un avviso di garanzia. E’ stato subito
incalzato dai giustizialisti e da coloro che da tempo si
sono auto attribuiti il compito di stabilire ciò che è
“politicamente corretto”. A costoro Renzi ha ricordato che
un avviso di garanzia non è un avviso di condanna, decidendo
di continuare per la sua strada senza stravolgere gli
assetti di governo. Si è trattato di una svolta nel modo di
affrontare la questione morale, sul piano dei rapporti fra
il governo ed il paese e fra il governo e le opposizioni. Il
governo, insomma, ha fatto intendere che su questo terreno
non accetta lezioni da parte di nessuno. Renzi ha spiegato
in sede di dichiarazioni programmatiche che tra le priorità
del governo c’è la questione giustizia. E, stando alle cose
che ha detto, la sua pare essere una posizione di grande
equilibrio; riconosce che deve essere pieno il diritto di
criticare le sentenze, ma afferma contestualmente che nel
diritto di critica non è compresa l’aggressione ai
magistrati la cui indipendenza va tutelata .Questo Premier,
insomma, non proporrà certamente leggi ad personam e contro
personam, ma cercherà di fare quelle riforme della giustizia
che consentono una giustizia finalmente più veloce e più
vicina al cittadino.
Se questi sono i punti fermi sui quali il
governo intende costruire la propria immagine e fondare la
propria azione, si può affermare che, al di là delle
verifiche che sono tutte da fare sull’attendibilità della
manovra economica proposta, i conti politici per il Premier
allo stato tornano.
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