Favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo.
 
 
 
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Le finalità della Fondazione

 
La Fondazione si propone di agevolare il formarsi di una cultura dello sviluppo nelle regioni più deboli del paese con particolare riferimento alla regione Sicilia. In questo senso occorre creare azioni sinergiche tra le regioni meridionali finalizzate a realizzare in Sicilia efficienti politiche della formazione, nonché a favorire tutte le forme di partecipazione orientate ad una migliore tutela dei diritti. In questo contesto è importante favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo, individuando nella Sicilia il territorio ideale per ubicare iniziative culturali che facciano di essa un vero e proprio hub della conoscenza.
 

Gli impegni
     
 

Nel perseguimento dello scopo istituzionale, la fondazione si impegna a:

a) svolgere ricerche e corsi di formazione che mirino a diffondere la cultura della partecipazione consapevole;
b) promuovere attività editoriali limitatamente allo scopo istituzionale;
c) divulgare le proprie iniziative attraverso i mass media e la rete internet;
d) organizzare in Sicilia convegni e incontri a livello nazionale ed internazionale per facilitare il dialogo tra i popoli del mediterraneo;
e) svolgere indagini finalizzate alla migliore conoscenza delle condizioni di vita dei popoli della regione mediterranea;
f) supportare attraverso la documentazione e la ricerca le attività delle istituzioni impegnate negli ambiti in oggetto;
g) diventare membro di altre organizzazioni e stipulare convenzioni con altre istituzioni

 
     
 
 
   
   


 

Oltre il pregiudizio. Una vivace discussione interna, se riguarda gli orientamenti politici e si sviluppa tra attori credibili, non disincentiva ma ravviva la partecipazione.

Le correnti stimolano
confronto e trasparenza


Congresso Pd, il dibattito è un antidoto al partito del padrone
 

Salvo Andò

 

Molti manifestano sorpresa o addirittura sconcerto di fronte ai toni che caratterizzano il confronto che si sta svolgendo nel Pd  in vista del congresso. Spiegano che un clima così rissoso non si addice ad un partito che ha la responsabilità della guida del governo   in un momento in cui il paese si dibatte tra mille difficoltà.

La causa di contrapposizioni così forti viene individuata in un  correntismo esasperato ,che sarebbe  incompatibile con una democrazia matura nella quale la lotta per la leadership non dovrebbe mai  fare rischiare l’ingovernabilità del paese.

Ci pare che questa insofferenza verso ogni forma di dialettica tra le correnti di un partito -correnti che in verità dentro  il  partito democratico ancora non sono  emerse-nasca da un pregiudizio duro a morire , quello secondo cui le correnti  prima o poi  finiscono con il diventare   veri e  propri clan che danno  vita ad apparati molto chiusi.Il che non è vero,perché un vivace dibattito interno se riguarda gli orientamenti politici e si sviluppa tra attori credibili non disincentiva ,ma stimola la partecipazione.

In questo ventennio di bipolarismo mal riuscito il confronto- competizione tra i partiti,ed anche dentro i partiti,non è stato quasi mai di alto livello.Abbiamo visto all'opera partiti che, anche grazie  al grande potere loro conferito dalle leggi elettorali ,hanno operato come vere  e  proprie aziende  di proprietà  del leader o di pochissimi dirigenti . Costoro  decidevano gli assetti di vertice del partito,” nominavano” i parlamentari , sceglievano  i membri del governo senza che vi fosse una discussione pubblica sui criteri in base ai quali si operavano queste scelte che militanti ed elettori  dovevano subire impotenti .

Oggi siamo di fronte alla fine di un ciclo politico e forse anche istituzionale.I partiti sono chiamati ad affrontare non soltanto le riforme economiche , ma anche quelle  delle istituzioni . In questo contesto la natura e la forma organizzativa dei partiti , il controllo che potranno esercitare su di essi i militanti   e gli elettori che li votano non costituiscono  questioni marginali .È quindi del tutto comprensibile che  affiorino smanie di protagonismo , desiderio di visibilità  , ricerca insomma di  un rapporto il più possibile diretto con gli  elettori,e non solo con gli iscritti, non più chiamati solo a ratificare ciò che si decide ai vertici del partito .

Considerato che il Pd è l'unico partito che fa un vero congresso ,che nulla si può dare  per scontato  con riferimento ad  eventuali maggioranze e allo stesso destino del governo, è bene che la discussione che precede il congresso sia una discussione intensa,partecipata, trasparente ,  che faccia chiarezza sulle intenzioni di chi si candida a dirigere il partito.E  se da questo travaglio dovessero nascere  delle correnti stabilmente organizzate sulla base di  visioni diverse  del   ruolo che il  partito deve svolgere nella società e nelle istituzioni , ciò non pregiudicherà le chance di successo se tutto avviene nel rispetto del metodo democratico . Le correnti sono di gran lunga preferibili alle bande, alla stucchevole divisione tra falchi e colombe , tra  governativi ed antigovernativi ,tutta incentrata sul tema del futuro  di Berlusconi.

 Una corrente organizzata ha un senso se propone una linea politica ,se ha una precisa  visione della  identità che il  partito deve darsi e su questa base si confronta con posizioni diverse , sentendosi comunque impegnata a sostenere le decisioni che poi vengono ufficialmente assunte .

 Si tratta di una forma di organizzazione di partito senz’altro preferibile a quella del partito strutturato per  tifoserie  schierate a difesa di un leader  o di un gruppo di pressione .

E’ bene che dopo la lunghissima stagione dei partiti a conduzione padronale,in cui ha contato  la  volontà di un uomo solo , forte del consenso che  raccoglie intorno alla sua persona ritenuta insostituibile,si torni alle direzioni  collegiali,ai dirigenti periferici eletti e  non nominati da Roma,ai congressi veri.

In questo senso un Pd che dà vita ad un congresso molto combattuto può  coinvolgere i propri militanti ed elettori -se  sono chiare le ragioni dei distinguo- meglio di quanto, per esempio, non possa fare un partito come  la cosiddetta nuova Forza Italia che nasce attraverso il taglio del nastro in occasione della inaugurazione di nuovi locali.

Nei partiti della Prima Repubblica si registravano divisioni anche profonde ,attraverso forti  correnti  organizzate, quando si trattava di fare scelte di carattere epocale, quale quella di decidere la fine del centrismo per passare al centro-sinistra, o di essere favorevoli o contrari alla politica di unità nazionale.Scelte che hanno prodotto anche scissioni. C'erano correnti camuffate nel pci e correnti che operavano alla luce del sole negli altri partiti.Esse  si davano battaglia per spostare in una direzione anziché in un'altra la posizione del partito. E tutto ciò avveniva attraverso congressi che non si risolvevano in una  parata organizzata per osannare  il  leader padrone del partito, ma che costituivano il luogo naturale in cui  si assumevano le grandi decisioni.

Se l'Italia del dopo Berlusconi sarà un paese con partiti veri, se insomma il modello di partito padronale finalmente tramonterà  ,la politica    avrà tutto da guadagnare. E il congresso del Pd da questo punto di vista potrebbe rappresentare una occasione  importante per ridare prestigio ad un mondo dei partiti che avversa i cambiamenti e che  sembra avere   dei sussulti  solo a seguito delle inchieste giudiziarie  ,  delle manciate di fango che vengono  da una informazione compiacente,o  delle battute ad effetto di questo o  quel leader all'interno di una dialettica  che  si caratterizza per la sua vacuità .

Le larghe intese ,le tregue non possono ovviamente riempire un vuoto  di politica che chiunque avverte.

 Un vero congresso  celebrato dai democratici potrebbe rappresentare l'occasione per un ritorno ad una vita  di partito autenticamente vissuta , e se esso  poi dovesse risultare un buon precedente destinato a contagiare anche gli altri partiti forse potremmo avere, una volta liberato il campo dalle macerie della seconda Repubblica, un sistema di partiti vitale , in grado di accogliere quanti vogliono partecipare alla vita politica e di  valorizzare i meriti anziché le fedeltà cieche ed interessate.

E’  questo  il  partito dei cittadini di  cui l'Italia ha bisogno in entrambi gli schieramenti, un partito che non può essere posseduto né da un padrone,nè da un apparato burocratico onnipotente ed immobile.

 

La Sicilia del 27/09/2013
 

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