| Con le elezioni regionali e la formazione del governo 
                    Crocetta si è avviato  in Sicilia  un nuovo ciclo politico 
                    ed istituzionale. In questo contesto, pare necessario 
                    ripensare l'autonomia speciale siciliana correggendo 
                    l'impostazione tutta riparazionista dello statuto, prevalsa 
                    nell’immediato  dopoguerra di fronte alla minaccia 
                    separatista. L'autonomia speciale, insomma, va adeguata, 
                    in particolare, ad un nuovo sistema di rapporti fra 
                    ordinamento interno ed ordinamento internazionale, e 
                    soprattutto  tra ordinamento interno e ordinamento 
                    comunitario. Ciò deve portare a riconsiderare non solo le 
                    competenze riconosciute alla autonomia speciale, ma anche la 
                    sua  stessa  mission originaria. Questa esigenza è particolarmente evidente in una regione 
                    come quella mediterranea da secoli attraversata da flussi 
                    migratori  e da traffici consistenti  che hanno prodotto 
                    legami economici e culturali tra  i popoli delle due sponde. 
                    Si pensi ai  rapporti venutisi a creare  tra la Tunisia e la 
                    Sicilia,attraverso  i molti immigrati  siciliani stabilitisi 
                    a Tunisi nella seconda metà dell'ottocento e , più di 
                    recente, attraverso gli immigrati tunisini in Sicilia, 
                    soprattutto nel trapanese. Si sono prodotti forme di 
                    integrazione sociale che non hanno dovuto fare i conti con 
                    incomprensioni o conflitti. Oggi in alcuni paesi della sponda sud, una volta cacciati 
                    i dittatori che pure hanno avuto il merito negli anni 
                    passati di realizzare importanti riforme sociali, grande 
                    masse popolari   rivendicano le libertà politiche e il 
                    rispetto delle carte dei diritti  internazionali ritenendo 
                    che esse siano compatibili con l’Islam. Si tratta di saper 
                    valorizzare queste novità, promuovendo una  politica della 
                    cooperazione che consenta il diffondersi nella regione di 
                    uno sviluppo condiviso tra i paesi  delle due sponde.  Occuparsi di più del Mediterraneo, alla luce dei 
                    cambiamenti epocali che si sono prodotti dopo le rivolte 
                    della primavera araba, significa, per l'Europa, affrontare 
                    alla radice questioni che  hanno prodotto instabilità 
                    politica nella regione. Molte di esse hanno molto a che fare 
                    con  il mancato sviluppo, causa non secondaria della 
                    diffusione del  fondamentalismo religioso e del terrorismo.
                     L'Europa ha ritenuto di poter fronteggiare questi 
                    fenomeni attraverso il sostegno dato a dittature impegnate a 
                    “proteggere” la democrazia attraverso una pesante 
                    limitazione delle libertà civili e politiche, e dedicando 
                    scarsa attenzione, invece, alle cause del sottosviluppo e ai 
                    mezzi più efficaci per combatterlo. Nuovi assetti politici, in questa regione del 
                    Mediterraneo, potrebbero facilitare un processo di 
                    cooperazione ”paritario”, finora frenato da una concezione 
                    eccessivamente eurocentrica della crescita  Di fronte a questo scenario, l'autonomia speciale 
                    siciliana, se rimeditata, può costituire un'opportunità. Si 
                    tratta di essere fino infondo convinti del fatto che la 
                    Sicilia possa assolvere ad un ruolo significativo nel 
                    Mediterraneo come attore in grado di promuovere, insieme ad 
                    altri soggetti istituzionali, politiche dello sviluppo 
                    basate su un rapporto paritario tra governi regionali, 
                    governi locali, istituzioni sociali di paesi diversi. Lo Statuto siciliano non abilita la Regione a svolgere 
                    attività internazionale a qualunque titolo. Da questo punto 
                    di vista molto di più è stato riconosciuto alla Sardegna. È 
                    questo un limite che però può essere  superato soprattutto 
                    sul terreno dell'iniziativa politica, utilizzando strumenti 
                    che adesso facilitano la cooperazione transfrontaliera ed 
                    interregionale. Si tratta di strumenti che danno 
                    all'autonomia politica delle regioni una nuova dimensione. 
                    E’ sempre più diffusa la consapevolezza a livello europeo 
                    che vi sia  un preciso rapporto tra l'efficacia 
                    dell'autogoverno locale e la capacità di soggetti dotati di 
                    autonomia politica, diversi dagli Stati, di stabilire 
                    relazioni internazionali  finalizzate a realizzare forme 
                    sempre più evolute di cooperazione economica  e culturale. Lo strumento dell'euroregione  da questo punto di vista 
                    pare essere uno strumento congruo. Esso è stato pensato per 
                    promuovere  la cooperazione transfrontaliera, quindi una 
                    cooperazione limitata alle regioni europee in vista del 
                    conseguimento di una maggiore coesione economica. Via via sia essa si è passati però dalla  cooperazione 
                    transfrontaliera tra enti  locali  e regionali collocati in 
                    regioni contigue, alla cooperazione interterritoriale, che 
                    coinvolge anche  regioni non confinanti tra di loro. Le 
                    esperienze finora fatte  stanno a indicare che  i modelli 
                    organizzativi possono essere i più diversi, fermo restando i 
                    principi secondo in base ai quali  la identità delle 
                    euroregioni è separata da quella degli stati di appartenenza 
                    dei diversi soggetti membri pur essendo la euro regione 
                    sprovvista di personalità giuridica di diritto 
                    internazionale. Il quadro di riferimento giuridico per la cooperazione 
                    transfrontaliera  è costituito dalla Convenzione adottata in 
                    seno al Consiglio d'Europa, ”Convenzione quadro europeo 
                    sullo cooperazione transfrontaliera delle collettività e 
                    autorità territoriali”, firmata a Madrid il 21 maggio 1980, 
                    e dai suoi protocolli aggiuntivi del 1995 e del 1998. Essa 
                    prevede come ambiti di applicazione specifici per la 
                    cooperazione: lo sviluppo regionale, urbano e rurale; la 
                    protezione dell'ambiente; il miglioramento delle 
                    infrastrutture e dei servizi resi ai cittadini; l'aiuto 
                    reciproco in caso di sinistri. Di fronte alle difficoltà incontrate dagli Stati membri 
                    nella gestione di questo strumento, l’UE ha provveduto a 
                    emanare un regolamento in un certo senso integrativo della 
                    Convenzione di Madrid (Regolamento CE n. 1082/2006), con il 
                    quale ha creato uno strumento di cooperazione  territoriale 
                    a livello dell'Unione istituendo, il Gruppo europeo di 
                    cooperazione territoriale(GECT). Il regolamento per la sua 
                    natura, a differenza della convenzione di Madrid, garantisce 
                    una uniforme disciplina di cooperazione territoriale. Esso 
                    pur essendo un atto dell'Unione Europea non si applica 
                    soltanto agli Stati membri, cioè non riguarda soltanto forme 
                    di cooperazione territoriale attuate  in territorio Ue. Il 
                    GECT può essere costituito da paesi membri dell'Unione 
                    Europea, ma ad esso possono aderire Stati terzi. L'euroregione rappresenta quindi uno strumento importante 
                    per realizzare un sistema di governo multilivello che sia in 
                    grado di facilitare, di promuovere la cooperazione tra i 
                    diversi membri per favorire lo sviluppo. Si tratta di 
                    declinare efficacemente il principio di sussidiarietà 
                    aggregando identità, regioni ed enti locali, ma anche 
                    allargando l'aggregazione ai più diversi interessi di cui 
                    possono essere portatori  istituzioni private. Il 
                    presupposto essenziale perché questa aggregazione funzioni è 
                    la condivisione di valori comuni sulla base dei quali 
                    costruire rapporti di fiducia tra territori diversi. Si 
                    tratta insomma di realizzare un modello di sviluppo 
                    territoriale policentrico ed equilibrato per creare coesione 
                    economica, sociale, imprenditoriale anche coinvolgendo paesi 
                    terzi e istituzioni della società civile. La  Sicilia, quindi, insieme ad un altro paese membro 
                    dell’ UE, come Malta, potrebbe realizzare il progetto di un’ 
                    “Euroregione del basso Mediterraneo“, che si estenda 
                    all'Egitto, alla Libia e alla Tunisia e che potrebbe avere 
                    ad oggetto come ambito di interessi: infrastrutture, servizi 
                    sociali, agricoltura, turismo, sicurezza, università e 
                    cultura, giustizia e sport. Si potrebbe adottare come modello di riferimento l' 
                    “Euroregione adriatica” costituita da Italia, Slovenia, 
                    Croazia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Albania, Puglia, 
                    Molise, Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli 
                    Venezia Giulia nel  giugno del 2006. L’euroregione, che è stata pensata per promuovere il 
                    rafforzamento del processo di integrazione e realizzare la 
                    solidarietà europea in attuazione dei principi di 
                    sussidiarietà e prossimità, nel caso di un’ euro regione 
                    mediterranea, potrebbe assegnarsi un orizzonte più ampio , 
                    sulla base di una concezione allargata di prossimità. Si 
                    tratterebbe di favorire lo sviluppo di regioni di paesi 
                    terzi che hanno sempre mantenuto importanti relazioni 
                    culturali ed economiche con uno Stato ed una  regione, come 
                    Malta e la Sicilia, posti all'estremo confine meridionale 
                    dell'Europa. Garantire lo sviluppo di quest'area, e quindi 
                    una crescita condivisa, potrebbe contribuire alla stabilità 
                    politica di un'area strategica per la stessa sicurezza 
                    dell'Europa.  Occorre compiere in un'area complessivamente alle prese 
                    con problemi legati allo sviluppo negato o insufficiente uno 
                    sforzo comune per cooperare in materia di innovazione, 
                    istruzione e  formazione. Serve  all'Europa, che si candida 
                    ad essere un attore globale. Avere alle proprie frontiere 
                    paesi politicamente stabilizzati e che guardano all'Ue come 
                    ad una potenza mite e generosa, in grado di promuovere nel 
                    Mediterraneo un modello di sviluppo che sappia essere 
                    rispettoso delle identità locali. Si tratta di costruire a piccoli passi quella alternativa 
                    mediterranea di cui hanno parlato tanti politici e studiosi, 
                    da Cassano a Barcellona, a Zolo, i quali ritengono che i 
                    percorsi che portano ad una crescita sostenibile nella 
                    regione mediterranea non passano attraverso politiche di 
                    colonizzazione culturale tendenti ad imporre nei territori 
                    della sponda sud modelli  di sviluppo tipici della civiltà 
                    euro-atlantica. E perché ciò sia possibile bisogna realizzare un nuovo 
                    modello di cooperazione per lo sviluppo affidato a strumenti 
                    in grado di garantire via via forme di governance  nella 
                    regione in grado  promuovere una “cittadinanza regionale” 
                    nel rispetto dei diritti umani fondamentali ma anche delle 
                    diversità. La pace nel Mediterraneo dipende in buona misura 
                     dalla possibilità di garantire nei paesi della sponda sud 
                    un vero sviluppo, cioè uno sviluppo autopropulsivo perché  
                    affidato ad una vitale borghesia sulla base di un disegno di 
                    progresso autonomamente deciso dalle società locali e non 
                    suggerito dall'esterno. Bisogna impegnarsi con convinzione 
                    perché i frutti del progresso possano entrare nelle case di 
                    tutti cittadini di questi paesi. E soprattutto l'Europa deve 
                    impegnarsi per far sì che ciò possa avvenire . Finora il processo di globalizzazione ha generato 
                    un'interdipendenza crescente che ha prodotto forti 
                    diseguaglianze nella regione mediterranea come nelle altre 
                    regioni che costituiscono il sud del mondo. Occorre che la 
                    globalizzazione possa diventare una forza positiva. E 
                    ciascuno in questo senso deve fare la propria  parte, gli 
                    stati, le autonomie territoriali, le autonomie sociali. La Sicilia può avere  un grande ruolo ai fini dello  
                    sviluppo dei paesi della sponda sud, grazie alle proprie 
                    università e centri di ricerca, al suo sistema delle 
                    imprese, alla regione ad autonomia speciale. Si tratta di 
                    riuscire a mettere a frutto le grandi potenzialità che il 
                    sistema ragione può esprimere per favorire, con contributi 
                    non marginali, le grandi trasformazioni del sistema 
                    economico e sociale alle quali preludono i processi di 
                    transizione democratica che si vanno sviluppando nei paesi 
                    teatro delle rivolte della primavera araba.  In questo senso il progetto di un’ euroregione 
                    mediterranea serve all'Italia e all'Europa perché si possano 
                    avere rapporti più stretti con i paesi del Nord Africa in 
                    via di sviluppo. E’ questo uno dei compiti a cui 
                    un'autonomia speciale ripensata può  assolvere, liberandosi, 
                    anche per tale via, da quel retaggio di rivendicazioni 
                    inascoltate e nostalgie che nel mondo della interdipendenza, 
                    del governo multilivello finiscono con il produrre ulteriore 
                    marginalità .   |