| Le vicende dello 
                    storico quotidiano socialista “Avanti!”, fondato da Leonida 
                    Bissolati nel 1896 e pubblicato fino al 1993, sono state 
                    caratterizzate dalle luci e dalle ombre che derivano dalla 
                    storia di questo Paese, del suo movimento operaio, del 
                    Partito Socialista Italiano e della sinistra. Ugo Intini, 
                    prestigioso esponente del Psi, con il suo bello e 
                    documentato volume dal titolo “Avanti! Un giornale, 
                    un’epoca”, è riuscito a raccontare un secolo attraverso gli 
                    articoli, i giornalisti ed i direttori del primo giornale 
                    dei lavoratori. In oltre settecento pagine, Intini 
                    accompagna il lettore in cento anni di storia del Paese, di 
                    cui il Psi ed il suo quotidiano sono stati parte 
                    fondamentale. Il succo di questa 
                    fatica editoriale è che non vi è stato un solo “Avanti!”: ne 
                    è esistito uno ad un tempo riformista e massimalista, da 
                    Claudio Treves a Giacinto Menotti Serrati, che diede voce 
                    alla generosa e talora autolesionista battaglia politica tra 
                    le contrapposte tendenze del socialismo italiano. Vi è stato 
                    un “Avanti!” cavalcato da Benito Mussolini, sulle cui pagine 
                    il fondatore del fascismo consumò il suo voltafaccia 
                    rispetto alle origini rivoluzionarie. Negli armi Venti, 
                    ancora un’altra incarnazione del quotidiano, con Nenni 
                    caporedattore che, con un colpo di stato redazionale, riuscì 
                    a difendere l’autonomia del Psi dal tentativo di annessione 
                    al bolscevismo, dopo che il direttore Serrati si era invece 
                    convinto e rassegnato a confluire nel Partito Comunista 
                    d’Italia. Una linea scissionista promossa da Gramsci e 
                    Togliatti, che tentò con tutti i mezzi di conquistare 
                    l’organo ufficiale dei socialisti italiani. Lo stesso Nenni, 
                    negli anni Quaranta e Cinquanta ispirò un “Avanti!” che 
                    tentò di far digerire ai compagni dell’epoca, meno 
                    filo-frontisti di quanto si possa immaginare, l’alleanza (o 
                    meglio, la subalternità) ad un Pci che nelle prime elezioni 
                    libere del 1946 aveva ancora meno voti del Psi.  Quella 
                    strategia di Nenni e Morandi, accettata a malincuore dalla 
                    maggioranza del partito, consegnò ai comunisti Togliatti, 
                    Longo, Secchia ed ai loro epigoni l’egemonia della sinistra 
                    italiana per il successivo cinquantennio.  Ma il riscatto 
                    socialista avvenne nel 1956, dopo che l’imperialismo 
                    sovietico represse nel sangue la rivoluzione ungherese, e la 
                    rottura con il Pci fu vissuta dai giovani giornalisti del 
                    quotidiano di partito alla stregua di una liberazione. Dopo 
                    il rovesciamento del governo di Imre Nagy e la fine del suo 
                    tentativo di riportare l’Ungheria verso un socialismo 
                    democratico, vi fu un “Avanti!” che, sempre con Nenni, di 
                    fronte al XX Congresso del Pcus ed al momentaneo trionfo 
                    della tirannide di oltrecortina, seppe riconquistare la 
                    piena autonomia del Psi. Da quel momento la contrapposizione 
                    a Togliatti ed al suo partito fu totale. Il leader del Pci 
                    non fu solo l’avvocato del bolscevismo e della Terza 
                    Internazionale. Checché ne pensi chi continua a definirlo 
                    “il Migliore”, Togliatti fu il difensore degli assassini 
                    dell’antifascista ed intellettuale marxista spagnolo Andrés 
                    Nin, dell’anarchico Camillo Berneri, e del trotskista Pietro 
                    Tresso, attivo nella Resistenza francese. Per non parlare, a 
                    parte il suo ruolo nella condanna a morte di Nagy, del suo 
                    coinvolgimento nello sterminio del gruppo dirigente del 
                    partito comunista polacco prima della Seconda guerra 
                    mondiale, o nella liquidazione fisica dei comunisti italiani 
                    in Urss consegnati alla Nkvd dalla “squadretta” del Pci di 
                    D’Onofrio, Roasio, Robotti (quest’ultimo cognato dello 
                    stesso Togliatti e fedelissimo esecutore degli ordini del 
                    futuro Kgb, da cui era stato peraltro torturato). 
                    Circostanze quasi tutte riportate nel libro di Renato Mieli, 
                    ex dirigente del Pci uscito dal partito polemicamente nonché 
                    padre del giornalista Paolo, dal titolo“Togliatti 1937”, che 
                    il solerte apparato comunista riuscì a far sparire dagli 
                    scaffali delle librerie italiane. Quando Intini riportò alla 
                    luce queste vicende, sempre sulle pagine del quotidiano 
                    socialista, durante gli anni di Craxi, fu duramente irriso 
                    dai dirigenti comunisti, che mantenevano una condotta 
                    ispirata al continuismo autoassolutorio.  Esistette un “Avanti!”, 
                    poi, che, con Giovanni Pieraccini, elaborò e difese le 
                    ragioni del centro-sinistra più riformatore. Vi fu una breve 
                    stagione del giornale, sotto la direzione di Riccardo 
                    Lombardi, in cui su quelle pagine fu condotta una battaglia 
                    politica contro molti avversari dei governi guidati da 
                    Fanfani e Moro: i dorotei democristiani che tentavano di 
                    abbassare il tasso di radicalità riformatrice del 
                    centro-sinistra, così come i “carristi” della minoranza 
                    filosovietica del Psi che diedero vita al Psiup, senza 
                    dimenticare il gelido Togliatti. Vi fu un “Avanti!” dì 
                    Franco Gerardi, che difese il Psi in condizioni 
                    difficilissime e, da ultimo, quello di Intini, che difese le 
                    ragioni culturali e politiche di Bettino Craxi.  Tutte queste stagioni 
                    sono riccamente documentate, con l’aggiunta di gustosi 
                    aneddoti. Come ha avuto modo di dire più volte lo stesso Ugo 
                    Intini, essere socialista oggi è una categoria dello 
                    spirito, più che una questione ideologica. Ne dovevano 
                    essere consapevoli il riformista ante litteram Bissolati ed 
                    il collega di giornale Edmondo De Amicis, che modellarono il 
                    quotidiano su un’idea di umanesimo socialista, con lo scopo 
                    dichiarato di fare della plebe un popolo, per dirla con 
                    Sandro Pertini, assai spesso citato a vanvera dai non 
                    socialisti. Un quotidiano dunque, che ebbe un ruolo di primo 
                    piano nel fare entrare le masse nella storia d’Italia, 
                    incoraggiando il loro progresso culturale. Un “Avanti!” che, 
                    nei cento anni della sua storia, come sottolinea l’autore, è 
                    stato davvero un fattore di avanzamento per il popolo 
                    lavoratore e per tutta la sinistra democratica italiana.   |