Favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo.
 
 
 
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Le finalità della Fondazione

 
La Fondazione si propone di agevolare il formarsi di una cultura dello sviluppo nelle regioni più deboli del paese con particolare riferimento alla regione Sicilia. In questo senso occorre creare azioni sinergiche tra le regioni meridionali finalizzate a realizzare in Sicilia efficienti politiche della formazione, nonché a favorire tutte le forme di partecipazione orientate ad una migliore tutela dei diritti. In questo contesto è importante favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo, individuando nella Sicilia il territorio ideale per ubicare iniziative culturali che facciano di essa un vero e proprio hub della conoscenza.
 

Gli impegni
     
 

Nel perseguimento dello scopo istituzionale, la fondazione si impegna a:

a) svolgere ricerche e corsi di formazione che mirino a diffondere la cultura della partecipazione consapevole;
b) promuovere attività editoriali limitatamente allo scopo istituzionale;
c) divulgare le proprie iniziative attraverso i mass media e la rete internet;
d) organizzare in Sicilia convegni e incontri a livello nazionale ed internazionale per facilitare il dialogo tra i popoli del mediterraneo;
e) svolgere indagini finalizzate alla migliore conoscenza delle condizioni di vita dei popoli della regione mediterranea;
f) supportare attraverso la documentazione e la ricerca le attività delle istituzioni impegnate negli ambiti in oggetto;
g) diventare membro di altre organizzazioni e stipulare convenzioni con altre istituzioni

 
     
 
 
   
   


 

Non uno solo
ma più «Avanti»

Ugo Intini nel suo volume racconta un secolo di vita dello storico quotidiano socialista

 

Antonio Matasso

 

Le vicende dello storico quotidiano socialista “Avanti!”, fondato da Leonida Bissolati nel 1896 e pubblicato fino al 1993, sono state caratterizzate dalle luci e dalle ombre che derivano dalla storia di questo Paese, del suo movimento operaio, del Partito Socialista Italiano e della sinistra. Ugo Intini, prestigioso esponente del Psi, con il suo bello e documentato volume dal titolo “Avanti! Un giornale, un’epoca”, è riuscito a raccontare un secolo attraverso gli articoli, i giornalisti ed i direttori del primo giornale dei lavoratori. In oltre settecento pagine, Intini accompagna il lettore in cento anni di storia del Paese, di cui il Psi ed il suo quotidiano sono stati parte fondamentale.

Il succo di questa fatica editoriale è che non vi è stato un solo “Avanti!”: ne è esistito uno ad un tempo riformista e massimalista, da Claudio Treves a Giacinto Menotti Serrati, che diede voce alla generosa e talora autolesionista battaglia politica tra le contrapposte tendenze del socialismo italiano. Vi è stato un “Avanti!” cavalcato da Benito Mussolini, sulle cui pagine il fondatore del fascismo consumò il suo voltafaccia rispetto alle origini rivoluzionarie. Negli armi Venti, ancora un’altra incarnazione del quotidiano, con Nenni caporedattore che, con un colpo di stato redazionale, riuscì a difendere l’autonomia del Psi dal tentativo di annessione al bolscevismo, dopo che il direttore Serrati si era invece convinto e rassegnato a confluire nel Partito Comunista d’Italia. Una linea scissionista promossa da Gramsci e Togliatti, che tentò con tutti i mezzi di conquistare l’organo ufficiale dei socialisti italiani. Lo stesso Nenni, negli anni Quaranta e Cinquanta ispirò un “Avanti!” che tentò di far digerire ai compagni dell’epoca, meno filo-frontisti di quanto si possa immaginare, l’alleanza (o meglio, la subalternità) ad un Pci che nelle prime elezioni libere del 1946 aveva ancora meno voti del Psi.  Quella strategia di Nenni e Morandi, accettata a malincuore dalla maggioranza del partito, consegnò ai comunisti Togliatti, Longo, Secchia ed ai loro epigoni l’egemonia della sinistra italiana per il successivo cinquantennio.

Ma il riscatto socialista avvenne nel 1956, dopo che l’imperialismo sovietico represse nel sangue la rivoluzione ungherese, e la rottura con il Pci fu vissuta dai giovani giornalisti del quotidiano di partito alla stregua di una liberazione. Dopo il rovesciamento del governo di Imre Nagy e la fine del suo tentativo di riportare l’Ungheria verso un socialismo democratico, vi fu un “Avanti!” che, sempre con Nenni, di fronte al XX Congresso del Pcus ed al momentaneo trionfo della tirannide di oltrecortina, seppe riconquistare la piena autonomia del Psi. Da quel momento la contrapposizione a Togliatti ed al suo partito fu totale. Il leader del Pci non fu solo l’avvocato del bolscevismo e della Terza Internazionale. Checché ne pensi chi continua a definirlo “il Migliore”, Togliatti fu il difensore degli assassini dell’antifascista ed intellettuale marxista spagnolo Andrés Nin, dell’anarchico Camillo Berneri, e del trotskista Pietro Tresso, attivo nella Resistenza francese. Per non parlare, a parte il suo ruolo nella condanna a morte di Nagy, del suo coinvolgimento nello sterminio del gruppo dirigente del partito comunista polacco prima della Seconda guerra mondiale, o nella liquidazione fisica dei comunisti italiani in Urss consegnati alla Nkvd dalla “squadretta” del Pci di D’Onofrio, Roasio, Robotti (quest’ultimo cognato dello stesso Togliatti e fedelissimo esecutore degli ordini del futuro Kgb, da cui era stato peraltro torturato). Circostanze quasi tutte riportate nel libro di Renato Mieli, ex dirigente del Pci uscito dal partito polemicamente nonché padre del giornalista Paolo, dal titolo“Togliatti 1937”, che il solerte apparato comunista riuscì a far sparire dagli scaffali delle librerie italiane. Quando Intini riportò alla luce queste vicende, sempre sulle pagine del quotidiano socialista, durante gli anni di Craxi, fu duramente irriso dai dirigenti comunisti, che mantenevano una condotta ispirata al continuismo autoassolutorio.

Esistette un “Avanti!”, poi, che, con Giovanni Pieraccini, elaborò e difese le ragioni del centro-sinistra più riformatore. Vi fu una breve stagione del giornale, sotto la direzione di Riccardo Lombardi, in cui su quelle pagine fu condotta una battaglia politica contro molti avversari dei governi guidati da Fanfani e Moro: i dorotei democristiani che tentavano di abbassare il tasso di radicalità riformatrice del centro-sinistra, così come i “carristi” della minoranza filosovietica del Psi che diedero vita al Psiup, senza dimenticare il gelido Togliatti. Vi fu un “Avanti!” dì Franco Gerardi, che difese il Psi in condizioni difficilissime e, da ultimo, quello di Intini, che difese le ragioni culturali e politiche di Bettino Craxi.

Tutte queste stagioni sono riccamente documentate, con l’aggiunta di gustosi aneddoti. Come ha avuto modo di dire più volte lo stesso Ugo Intini, essere socialista oggi è una categoria dello spirito, più che una questione ideologica. Ne dovevano essere consapevoli il riformista ante litteram Bissolati ed il collega di giornale Edmondo De Amicis, che modellarono il quotidiano su un’idea di umanesimo socialista, con lo scopo dichiarato di fare della plebe un popolo, per dirla con Sandro Pertini, assai spesso citato a vanvera dai non socialisti. Un quotidiano dunque, che ebbe un ruolo di primo piano nel fare entrare le masse nella storia d’Italia, incoraggiando il loro progresso culturale. Un “Avanti!” che, nei cento anni della sua storia, come sottolinea l’autore, è stato davvero un fattore di avanzamento per il popolo lavoratore e per tutta la sinistra democratica italiana.

 

La Sicilia del 22/03/2013
 

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