L'indecoroso balletto
che si sta svolgendo a margine della discussione sulla legge
elettorale,che tutti dicono di volere riformare,non può più
andare oltre. Sono ormai chiari a tutti i punti della
riforma sui quali non c’è accordo,così come è chiaro a tutti
che l'impianto generale tendenzialmente proporzionalista
della legge sia largamente condiviso . Tenuto conto di
ciò, non resta altro da fare che confrontarsi in aula, in
Senato, per pervenire ad un dignitoso compromesso . Non vi
sono alternative a questa soluzione,a meno che l’obbiettivo
perseguito in realtà dai partiti non sia quello di
mantenere in vita il “porcellum”, così come è,magari per
poi accusarsi reciprocamente in compagna elettorale di avere
sabotato la riforma.
Una approvazione a
maggioranza della legge elettorale pare inopportuna,ma non
sarebbe la fine del mondo. Negli anni passati a maggioranza
si sono approvate non solo la riforma della legge
elettorale, ma anche riforme istituzionali come quelle che
riguardavano il titolo quinto della Costituzione(2001) e,
addirittura, la forma di Stato e di Governo(2005),sia con
governi di centro-sinistra che di centro destra .
Nessuno crede che lo
scrupolo garantista manifestato da chi vuole adesso le
grandi riforme siano approvate a larghissima maggioranza
sia sincero. A ciò non crede neanche il Capo dello Stato
,che ha fatto capire ,a chi oppone un veto dietro l’altro
sulla legge elettorale ,che, se questo braccio di ferro
dovesse continuare ,si vedrebbe costretto a comunicare
attraverso un messaggio alle Camere tutta la propria
indignazione .
È noto che con
riferimento a provvedimenti , presi dall’attuale Governo ,
che incidevano in modo significativo sulle condizioni di
vita degli italiani-si pensi alla riforma delle pensioni-gli
opposti punti di vista dei partiti che sostengono Monti
non hanno impedito al Governo di decidere,ai partiti alla
fine di accordarsi. È curioso che questo non si riesca a
fare con riferimento ad una legge considerata da tutti
come l’espressione emblematica della tirannia dei
partiti,che possono fare tutto ,anche nominare gli “eletti”
dal popolo .
Chi adesso briga in
Senato per tenere in vita questa legge elettorale,deve
sapere che di ciò dovrà rispondere agli elettori tra qualche
mese. E si tratterebbe di una clamorosa vittoria
dell’antipolitica. E’ questo il timore che ha spinto il Capo
dello Stato, molto opportunamente,a sollecitare i partiti a
trovare una intesa.
Se verranno meno
alcune impuntature polemiche ed saranno sconfitti i calcoli
di chi vuole una legge elettorale fatta “su misura” per sè,il
compromesso sulla legge elettorale sarà possibile .
Il Pdl pare disposto a
fare un passo indietro indietro rispetto alla stravagante
proposta di elezione diretta del Presidente della
Repubblica .Fatta a fine legislatura,è chiaro che la
proposta costituiva solo un diversivo per fare perdere tempo
.Non è infatti pensabile che la riforma presidenziale si
possa fare nel giro di poche settimane ,in un Parlamento che
non è in grado di mettersi d'accordo neppure su possibili
aggiustamenti di dettaglio della legge elettorale vigente .
Adesso qualche passo
indietro dovrebbe farlo anche il Pd sulla questione del
premio di maggioranza. La difesa del bipolarismo per
garantire la governabilità pare essere anch’essa una
posizione stravagante , alla quale non crede nessuno,
soprattutto dopo la formazione di un governo tecnico
sostenuto da una larghissima maggioranza ,composta dai
partiti che avevano vinto le elezioni e da quelli che le
avevano perse. Già la formazione di questo governo dimostra
che il bipolarismo è finito per sempre .
Ritenere che esso possa
rivivere non in forza del fatto che emergono grandi partiti
che si alternano al potere , ciascuno conseguendo
percentuali europee per sentirsi legittimato a essere
partito di governo , cioè percentuali che vanno dal 40% in
su , significa non aver capito nulla della lezione che viene
dall'esperienza della seconda Repubblica . Oggi ,stando ai
sondaggi , i tre maggiori partiti che sostengono il governo
insieme superano di poco il 50% . La possibilità che uno di
loro , magari il più votato , possa fare il governo e
potere governare davvero in forza del fatto che la legge
elettorale regali ad esso un premio che supera il 50% dei
voti ottenuti alle elezioni pare davvero remota. E’ proprio
questa la situazione che si avrebbe se il Pd,probabile primo
partito perché accreditato dai sondaggi del 25 % dei
voti circa, dovesse candidarsi alla guida del governo grazie
al premio . Né la situazione cambierebbe se il premio
venisse dato alla coalizione, considerata la frammentazione
del sistema dei partiti italiani. Non sarebbe certo un
governo stabile quello espresso da una coalizione formata
dal Pdl e dalla Lega, o dal Pd e dal partito di Di Pietro.
Avremmo partiti e coalizioni,fatte in stato di necessità,
che non sarebbero rafforzati dal premio, ma viceversa
delegittimati da esso, con conseguenze che è facile
immaginare per quanto riguarda la funzione di governo in
Parlamento.
Se tutti questi
irrigidimenti sulla legge elettorale scaturiscono dalla
preoccupazione di un Monti bis dopo le elezioni,o comunque
servono a scongiurare la formazione di un governo
tecnico,basta dire con chiarezza che in ogni caso il paese
deve tornare ad un governo politico,senza che si debba
ricorrere ad porre in essere una legge elettorale in questo
senso costrittiva.
L’impressione di molti
è che , con i numeri che emergono dai sondaggi ,con o senza
Monti , con o senza un Governo tecnico , sarà molto
difficile per un governo che voglia essere a all'altezza dei
problemi che dovrà affrontare, operare efficacemente senza
poter contare su di una larga maggioranza .
Alla scomposizione e
ricomposizione degli schieramenti si può pervenire non sotto
il ricatto della legge elettorale, che premia alcuni
partiti e ne punisce altri, ma attraverso processi politici
che sono necessariamente lenti .Il metodo del “predellino”
ha mostrato tutti i suoi limiti.
C'è poi un'altra
questione sulla quale ci si divide, quella delle preferenze
. Chi non vuole le preferenze ,spiega che esse porterebbero
alla rovina del sistema politico ,perchè farebbero lievitare
le spese elettorali e emarginerebbero gli uomini
migliori . E ciò perché,le personalità che si distinguono
per statura morale e competenze non sempre sarebbero
adeguatamente apprezzate dal popolo.
Francamente non ci
pare che il sistema delle preferenze abbia portato alla
rovina morale dei comuni e delle regioni, dove il voto di
preferenza sopravvive.
Durante la prima
Repubblica,poi, con il sistema delle preferenze sono
arrivati in Parlamento straordinarie personalità che hanno
dato lustro al paese. Con il sistema elettorale delle liste
bloccate,invece, si è avuto un deperimento qualitativo della
rappresentanza parlamentare .
Non si tratta di
un'affermazione azzardata, ma di una valutazione sempre più
condivisa dalla gente che ha da tempo riabilitato la libera
scelta degli elettori attraverso la preferenza . Insomma
,l'eliminazione delle preferenze non è servita a dare più
prestigio al Parlamento migliorare la qualità della
rappresentanza politica , ma solo ad accrescere il potere
dei partiti. A questo privilegio i partiti,anche quelli
antisistema, non vogliono rinunciare.
Non è privo di
significato il fatto che ,in materia di nuova legge
elettorale ,si fronteggiano diverse proposte tra loro
alternative , ma che su un punto tutte convergono: si può
restituire lo scettro agli elettori perché essi eleggano i
parlamentari di cui si fidano,che vogliono,ma deve trattarsi
di un potere limitato, perchè in ogni caso ai partiti va
riconosciuto il diritto di nominare una rilevante quota di
parlamentari attraverso il sistema del listino bloccato. Un
listino deciso da pochi leader, senza alcun controllo dal
basso. Su questo punto pare che nessun partito abbia nulla
da eccepire .
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