Favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo.
 
 
 
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Le finalità della Fondazione

 
La Fondazione si propone di agevolare il formarsi di una cultura dello sviluppo nelle regioni più deboli del paese con particolare riferimento alla regione Sicilia. In questo senso occorre creare azioni sinergiche tra le regioni meridionali finalizzate a realizzare in Sicilia efficienti politiche della formazione, nonché a favorire tutte le forme di partecipazione orientate ad una migliore tutela dei diritti. In questo contesto è importante favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo, individuando nella Sicilia il territorio ideale per ubicare iniziative culturali che facciano di essa un vero e proprio hub della conoscenza.
 

Gli impegni
     
 

Nel perseguimento dello scopo istituzionale, la fondazione si impegna a:

a) svolgere ricerche e corsi di formazione che mirino a diffondere la cultura della partecipazione consapevole;
b) promuovere attività editoriali limitatamente allo scopo istituzionale;
c) divulgare le proprie iniziative attraverso i mass media e la rete internet;
d) organizzare in Sicilia convegni e incontri a livello nazionale ed internazionale per facilitare il dialogo tra i popoli del mediterraneo;
e) svolgere indagini finalizzate alla migliore conoscenza delle condizioni di vita dei popoli della regione mediterranea;
f) supportare attraverso la documentazione e la ricerca le attività delle istituzioni impegnate negli ambiti in oggetto;
g) diventare membro di altre organizzazioni e stipulare convenzioni con altre istituzioni

 
     
 
 
   
   


 

Sì alla legge elettorale
contro l’antipolitica

Intesa possibile su un impianto proporzionalista
 

Salvo Andò

L'indecoroso balletto che si sta svolgendo a margine della discussione sulla legge elettorale,che tutti dicono di volere riformare,non può più andare oltre. Sono  ormai chiari a tutti i punti della riforma sui quali non c’è accordo,così come è chiaro a tutti che  l'impianto generale tendenzialmente proporzionalista  della legge sia largamente  condiviso . Tenuto conto di ciò, non resta altro da fare che  confrontarsi in aula, in Senato, per pervenire ad un dignitoso  compromesso . Non vi sono alternative a questa soluzione,a meno che l’obbiettivo perseguito in realtà dai partiti  non sia quello di mantenere in vita  il “porcellum”, così come è,magari per poi accusarsi reciprocamente in compagna elettorale di avere sabotato la riforma.

Una approvazione a maggioranza della legge elettorale pare inopportuna,ma non sarebbe la fine del mondo. Negli anni passati a maggioranza si sono approvate non solo la riforma della  legge elettorale, ma anche riforme istituzionali come quelle che riguardavano il titolo quinto della Costituzione(2001) e, addirittura, la  forma di Stato e di Governo(2005),sia con governi  di  centro-sinistra che di  centro destra .

Nessuno crede che lo scrupolo garantista manifestato da chi vuole adesso le grandi riforme siano approvate  a larghissima maggioranza sia sincero. A ciò  non  crede neanche il Capo dello Stato ,che  ha fatto capire ,a chi oppone un veto dietro l’altro sulla legge elettorale ,che, se questo braccio di ferro dovesse continuare ,si vedrebbe costretto  a comunicare attraverso un messaggio alle Camere  tutta la propria indignazione .

È noto che con riferimento a provvedimenti , presi dall’attuale Governo , che   incidevano in modo significativo sulle condizioni di vita degli italiani-si pensi alla riforma delle pensioni-gli opposti punti di vista  dei  partiti che sostengono  Monti non hanno impedito al Governo di decidere,ai partiti alla fine di accordarsi. È curioso che questo non si riesca a fare con riferimento ad   una legge considerata da tutti come l’espressione emblematica della tirannia dei partiti,che possono fare tutto ,anche nominare gli “eletti” dal popolo .

Chi adesso briga in Senato per tenere in vita questa legge elettorale,deve sapere che di ciò dovrà rispondere agli elettori tra qualche mese. E si  tratterebbe di una  clamorosa vittoria dell’antipolitica. E’ questo il timore che ha spinto il Capo dello Stato, molto opportunamente,a sollecitare i partiti a trovare una intesa.

 Se verranno  meno alcune impuntature polemiche ed saranno sconfitti i calcoli di chi vuole  una legge elettorale fatta  “su misura” per sè,il compromesso sulla legge elettorale sarà possibile .

Il Pdl pare disposto a fare un  passo indietro indietro  rispetto alla stravagante proposta di elezione diretta  del Presidente della Repubblica .Fatta a fine legislatura,è chiaro che la  proposta costituiva solo un diversivo per fare perdere tempo .Non è infatti pensabile che la riforma presidenziale si possa fare nel giro di poche settimane ,in un Parlamento che non è in grado di mettersi d'accordo neppure su possibili aggiustamenti di dettaglio della legge elettorale vigente .

Adesso qualche passo indietro  dovrebbe farlo anche il Pd sulla questione del premio di maggioranza. La difesa del bipolarismo per garantire la governabilità pare essere anch’essa una posizione stravagante , alla quale non   crede nessuno, soprattutto dopo la formazione di un governo tecnico sostenuto da  una larghissima maggioranza ,composta dai partiti che avevano vinto le elezioni e da quelli che le avevano perse. Già la formazione di questo governo dimostra che il bipolarismo è finito per sempre .

Ritenere che esso possa rivivere non in forza del fatto che emergono  grandi partiti che si alternano al potere , ciascuno  conseguendo  percentuali europee per sentirsi legittimato a essere partito di governo , cioè percentuali che vanno dal 40% in su , significa non aver capito nulla della lezione che viene dall'esperienza della seconda Repubblica . Oggi ,stando ai sondaggi , i tre maggiori partiti che sostengono il governo insieme superano di poco il 50% . La possibilità che uno di  loro , magari il  più votato , possa fare il governo e potere governare davvero in forza del fatto che la legge elettorale regali ad  esso un premio che supera il 50% dei voti ottenuti alle elezioni pare davvero remota. E’ proprio questa la situazione che si avrebbe se il Pd,probabile primo partito perché    accreditato  dai sondaggi del 25 % dei voti circa, dovesse candidarsi alla guida del governo grazie al premio . Né la situazione cambierebbe se il premio  venisse dato alla coalizione, considerata la frammentazione del sistema dei partiti italiani. Non sarebbe  certo un  governo  stabile quello espresso da  una  coalizione formata dal Pdl e dalla Lega, o  dal Pd e dal partito di Di Pietro. Avremmo partiti e coalizioni,fatte in stato di necessità, che  non sarebbero rafforzati dal premio, ma viceversa delegittimati da esso, con conseguenze che è facile immaginare per quanto riguarda la funzione di governo in Parlamento.

Se tutti questi irrigidimenti  sulla legge elettorale scaturiscono dalla preoccupazione di un Monti bis dopo le elezioni,o comunque servono a scongiurare la formazione di un governo tecnico,basta dire con chiarezza che in ogni caso il paese deve tornare ad un governo politico,senza che si debba ricorrere ad porre in essere una legge elettorale in questo senso costrittiva.

L’impressione di molti è che , con i numeri che emergono  dai sondaggi ,con o senza Monti , con o senza un Governo tecnico , sarà molto difficile per un governo che voglia essere a all'altezza dei problemi che dovrà affrontare, operare efficacemente senza poter contare   su di  una larga maggioranza .

 Alla  scomposizione e ricomposizione degli schieramenti si può pervenire non sotto il ricatto della legge elettorale, che premia  alcuni partiti e ne punisce  altri, ma attraverso processi politici che sono necessariamente lenti .Il metodo del “predellino” ha mostrato tutti i suoi limiti.  

C'è poi un'altra questione sulla quale ci si divide, quella delle preferenze . Chi non  vuole le preferenze ,spiega che esse porterebbero alla rovina del sistema politico ,perchè farebbero lievitare le spese elettorali    e emarginerebbero  gli uomini   migliori . E ciò perché,le personalità che si distinguono per  statura morale e competenze non sempre sarebbero adeguatamente  apprezzate dal popolo.

Francamente non ci pare  che il sistema delle preferenze abbia portato alla rovina morale dei comuni e delle regioni, dove il voto di preferenza sopravvive.

 Durante la prima Repubblica,poi, con il sistema delle preferenze sono arrivati in Parlamento straordinarie personalità che hanno dato lustro al paese. Con il sistema elettorale delle liste bloccate,invece, si è avuto un deperimento qualitativo della rappresentanza parlamentare .

Non si tratta di un'affermazione azzardata, ma di una valutazione sempre più condivisa dalla gente che ha da tempo riabilitato la libera scelta degli elettori attraverso la preferenza . Insomma ,l'eliminazione delle preferenze non è servita a dare più prestigio al Parlamento migliorare la qualità della rappresentanza politica , ma solo ad  accrescere il potere dei partiti. A questo privilegio i partiti,anche quelli antisistema, non vogliono  rinunciare.

Non è  privo di significato il fatto  che ,in materia di nuova legge elettorale ,si fronteggiano  diverse proposte tra loro alternative , ma che su un punto tutte convergono: si può restituire  lo scettro agli elettori perché essi  eleggano i parlamentari di cui si fidano,che vogliono,ma deve trattarsi di un potere limitato, perchè in ogni caso ai partiti va riconosciuto il diritto di nominare una rilevante quota di   parlamentari attraverso il sistema del listino bloccato. Un  listino deciso da pochi leader, senza alcun controllo dal basso. Su questo punto pare che nessun partito abbia nulla da eccepire .

 

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