Agli inizi
del Mese di Luglio 2012 prima a Palermo e poi a
Catania, per iniziativa dei ”circoli socialisti, laici,
liberali” e delle liste civiche, si sono riuniti i
rappresentanti di un variegato mondo associativo che sta
dando vita ad una “Rete dei movimenti”. Lo scopo comune è
quello di fornire strumenti utili ai fini di un
coinvolgimento del territorio nelle scelte dalle quali
dipende l'esercizio di fondamentali diritti.
Questa iniziativa è in
sintonia con quanto è stato fatto nei mesi precedenti dal
movimento promosso dal Sindaco di Ragusa Nello Di
Pasquale, che in occasione delle ultime elezioni
amministrative ha presentato liste civiche in diversi
comuni della sua provincia,conseguendo un lusinghiero
risultato elettorale.
Di fronte all’ostilità
che un numero crescente di cittadini manifesta verso il
mondo politico, gli stessi partiti stanno cercando di
promuovere liste civiche di fiancheggiamento per
raccogliere voti che non si sentono di chiedere con il loro
nome.
Non può non fare
riflettere poi , in questo senso,la determinazione con cui
tutti i leader politici adesso si battono per la
cancellazione della vergognosa legge elettorale vigente, il
cosiddetto “porcellum”, che prevede che i parlamentari
vengano di fatto nominati direttamente dai vertici dei
partiti. Il ritorno alle preferenze, considerate la fonte di
tutte le vergogne della Prima Repubblica vent'anni fa, oggi
viene reclamato a gran voce dagli elettori.
Questa esigenza di
riconciliare la gente con la politica è particolarmente
avvertita in Sicilia, tenuto conto del dissesto
istituzionale prodottosi nel corso degli ultimi anni,
attraverso il succedersi di governi, maggioranze, assessori,
tutti attestati su una linea di difesa ad oltranza
dell’esistente. Tutto ciò ha prodotto un’emergenza
istituzionale ancora più grave dell’ emergenza economica .
Non è privo di significato il fatto che i candidati alla
Presidenza della Regione siciliana che sembrano avere
maggior seguito, almeno allo stato, cerchino di
presentarsi come candidati senza partito, anche quando si
tratta di personalità che vantano antiche militanze
politiche e ricoprono rilevanti posizioni istituzionali.
Si tratta adesso di dare
una struttura unitaria a tante iniziative che nascono dal
basso, e di fare emergere
una chiara identità
politica attraverso la discussione pubblica. L
‘obbiettivo della Rete non può essere certo quello di
allargare il coro di quanti si limitano a fare il processo
ai partiti e alla politica, ma di aiutare semmai coloro i
quali vogliono rianimare partiti esangui a cambiarne la vita
interna ,a fare di essi un bene pubblico e non una
proprietà privata , per potere magari avere fra qualche anno
una Repubblica di partiti dei cittadini,con una vita interna
realmente democratica.
L'antipolitica senza
proposte rischia di rendere ancora più forte la cattiva
politica. Più che processare i partiti, si tratta di fare
cose diverse da quelle che fanno oggi i partiti, di
occuparsi dei problemi concreti con un linguaggio
comprensibile anche da parte del cittadino meno informato,
di prospettare soluzioni nuove a problemi antichi, ponendosi
nella stessa lunghezza d'onda di quella gran parte della
società che vuole semplicemente vivere in un paese meno
disordinato e meno ingiusto.
Nulla può essere più
lontano dalle idee a cui la Rete si vuole ispirare di un
movimento fatto da soggetti che si limitano ad organizzare
proteste e che alla vigilia di una difficile campagna
elettorale per i rinnovo dell’ARS decidono di promuovere
una federazione di ” liste fai da te”, magari invocando gli
eterni argomenti dell’Autonomia tradita dallo Stato
inadempiente.
Una
Rete come quella di cui si sta discutendo ha bisogno di una
forte base valoriale, di dirigenti e militanti realmente
motivati , di progetti in grado di collocare i problemi
siciliani nel contesto di una crisi economica che riguarda
il nostro paese e l'intera Europa . A tal fine, bisogna
muovere da una visione dell'Autonomia che non sia
nostalgica e soprattutto ancorata ai miti del peggiore
sicilianismo. Occorre affrontare il “caso Sicilia”
attraverso processi riformatori in grado di fronteggiare le
emergenze, ma che sappiano guardare al futuro.
Tenuto conto degli
obbiettivi perseguiti, le forme organizzative che la Rete si
dovrà dare soprattutto i criteri, sulla base dei quali
selezionerà i gruppi dirigenti, costituiranno elementi
decisivi per la sua credibilità. La Rete, se vuole
stabilire un forte rapporto con il territorio,non può non
avere una struttura policentrica, tenuta insieme da un
patto federativo. I suoi gruppi dirigenti devono essere in
grado di parlare il linguaggio della verità, di sapere
assumere posizioni anche impopolari, spiegando alla gente
che la grande festa della spesa pubblica è finita. In questo
contesto, la priorità va data a quelle riforme , anche
radicali, che possono essere realizzate senza mobilitare
massicce risorse, ma operando con fortissima determinazione.
Una battaglia per i
diritti, infatti, deve fare i conti con resistenze che non
vengono solo dai cd poteri forti esterni all’apparato
pubblico.
Oggi c’è nel paese una
forte domanda di liberazione, che viene soprattutto dal
mondo giovanile, da vincoli burocratici e da politiche
demeritocratiche che impediscono una reale mobilità
sociale. E’ questa la prima rivoluzione liberale da fare. I
tanti giovani che hanno preso la parola nella Convention
catanese hanno spiegato che vogliono impegnarsi di più
nell’arena pubblica per cambiare i programmi dei partiti e
dei governi, per vedere realizzata una redistribuzione
della ricchezza anche attraverso un nuovo patto tra le
generazioni. Essi insomma non vogliono stare a guardare.
A
Catania, si è discusso molto delle questioni organizzative.
Si è deciso di procedere attraverso forme di organizzazione
spontanee a livello comunale, attraverso adesioni
individuali e collettive. La “linea” non sarà imposta da
nessuno; si approverà annualmente, mobilitando tutti i
soggetti che si riconoscono nella Rete, una dichiarazione di
intenti. Sarà questo il manifesto programmatico che dovrà
costituire il punto di riferimento delle azioni che
verranno intraprese, il vero contratto con gli elettori.
E’
a livello comunale che anzitutto occorre selezionare una
nuova classe dirigente fatta da coloro i quali non ambiscono
a fare i professionisti della politica,che non hanno cioè
come obiettivo quello di diventare amministratori comunali
stabilmente retribuiti dal Comune.
Bisogna saper valorizzare tutti coloro, soprattutto
giovani, che in questa fase di transizione che la Repubblica
sta vivendo vogliono dare una mano. Si tratta di persone che
hanno idee, che son in grado di farle circolare, nonché di
assumere iniziative sociali destinate a promuovere il buon
governo. I cittadini della Rete, insomma, devono essere in
primo luogo cittadini che si impegnano in politica vivendo
però del proprio lavoro. |