Favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo.
 
 
 
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Le finalità della Fondazione

 
La Fondazione si propone di agevolare il formarsi di una cultura dello sviluppo nelle regioni più deboli del paese con particolare riferimento alla regione Sicilia. In questo senso occorre creare azioni sinergiche tra le regioni meridionali finalizzate a realizzare in Sicilia efficienti politiche della formazione, nonché a favorire tutte le forme di partecipazione orientate ad una migliore tutela dei diritti. In questo contesto è importante favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo, individuando nella Sicilia il territorio ideale per ubicare iniziative culturali che facciano di essa un vero e proprio hub della conoscenza.
 

Gli impegni
     
 

Nel perseguimento dello scopo istituzionale, la fondazione si impegna a:

a) svolgere ricerche e corsi di formazione che mirino a diffondere la cultura della partecipazione consapevole;
b) promuovere attività editoriali limitatamente allo scopo istituzionale;
c) divulgare le proprie iniziative attraverso i mass media e la rete internet;
d) organizzare in Sicilia convegni e incontri a livello nazionale ed internazionale per facilitare il dialogo tra i popoli del mediterraneo;
e) svolgere indagini finalizzate alla migliore conoscenza delle condizioni di vita dei popoli della regione mediterranea;
f) supportare attraverso la documentazione e la ricerca le attività delle istituzioni impegnate negli ambiti in oggetto;
g) diventare membro di altre organizzazioni e stipulare convenzioni con altre istituzioni

 
     
 
 
   
   


 

La Rete dei movimenti
per rigenerare la politica

Lo scopo non è organizzare la protesta
ma proposte concrete

 

Salvo Andò

 

Agli inizi del Mese di Luglio 2012 prima a Palermo e poi a Catania, per iniziativa dei ”circoli socialisti, laici, liberali” e delle liste civiche, si sono riuniti i rappresentanti  di un variegato mondo associativo che sta dando vita ad una “Rete dei movimenti”. Lo scopo comune è quello di fornire strumenti utili ai fini di un coinvolgimento del territorio nelle scelte dalle quali  dipende l'esercizio di fondamentali diritti.

Questa iniziativa è in sintonia con quanto è stato fatto nei mesi precedenti dal  movimento  promosso dal Sindaco  di Ragusa  Nello Di Pasquale, che in occasione delle ultime elezioni amministrative ha presentato  liste civiche in diversi comuni della sua provincia,conseguendo un lusinghiero risultato  elettorale.

Di fronte all’ostilità che un numero crescente di cittadini manifesta verso il mondo politico, gli stessi partiti stanno cercando di promuovere liste civiche di fiancheggiamento  per raccogliere voti che non si sentono di chiedere con il loro nome.

Non può non fare riflettere poi , in questo senso,la determinazione  con cui  tutti i leader politici adesso  si battono  per  la cancellazione della vergognosa legge elettorale vigente, il cosiddetto  “porcellum”, che prevede che i  parlamentari  vengano di fatto nominati direttamente dai vertici dei partiti. Il ritorno alle preferenze, considerate la fonte di tutte le  vergogne della Prima Repubblica vent'anni fa, oggi viene reclamato a gran voce dagli elettori.

Questa esigenza  di riconciliare la gente con la politica è  particolarmente avvertita in Sicilia, tenuto conto del dissesto istituzionale prodottosi nel corso degli ultimi anni, attraverso il succedersi di governi, maggioranze, assessori, tutti attestati su una linea di difesa ad oltranza dell’esistente. Tutto ciò  ha prodotto un’emergenza istituzionale  ancora più grave dell’ emergenza economica . Non è privo di significato il fatto che i candidati alla Presidenza della Regione siciliana che sembrano avere maggior seguito, almeno  allo stato,  cerchino di presentarsi come candidati senza partito, anche quando si tratta di personalità che  vantano antiche militanze politiche e ricoprono rilevanti posizioni istituzionali.

Si tratta adesso di dare una struttura unitaria  a tante iniziative che nascono dal basso, e di fare emergere una  chiara identità politica attraverso la discussione pubblica.  L ‘obbiettivo della Rete  non può essere certo  quello di allargare il coro di quanti  si limitano a fare il processo ai partiti e alla politica, ma di aiutare semmai coloro i quali vogliono rianimare partiti esangui a cambiarne la vita interna ,a fare di essi un bene pubblico e non  una proprietà privata , per potere magari avere fra qualche anno una Repubblica di partiti dei cittadini,con una vita interna realmente democratica.

L'antipolitica senza proposte rischia di rendere ancora più forte la cattiva politica. Più che processare i partiti, si tratta di fare cose diverse da quelle che fanno oggi i partiti, di occuparsi dei problemi concreti con un linguaggio comprensibile anche da parte del cittadino meno informato, di prospettare soluzioni nuove a problemi antichi, ponendosi nella stessa lunghezza d'onda di quella gran parte della società  che vuole semplicemente vivere in un paese meno disordinato e meno ingiusto.

Nulla  può essere più lontano dalle idee a cui la Rete si vuole ispirare di  un movimento fatto da  soggetti  che si limitano ad organizzare proteste e che alla vigilia di una difficile campagna elettorale per i rinnovo dell’ARS  decidono di promuovere una federazione di ” liste fai da te”, magari invocando gli eterni argomenti dell’Autonomia tradita dallo Stato inadempiente.

Una Rete come quella di cui si sta discutendo ha bisogno di una forte base valoriale, di dirigenti e militanti realmente  motivati , di progetti in grado di collocare i problemi siciliani nel contesto di una crisi economica che riguarda il nostro paese e  l'intera Europa . A tal fine, bisogna muovere  da  una visione dell'Autonomia che non sia nostalgica e soprattutto  ancorata ai miti del peggiore sicilianismo. Occorre affrontare il “caso Sicilia” attraverso processi riformatori in grado di fronteggiare le emergenze, ma che sappiano guardare al futuro.

Tenuto conto degli obbiettivi perseguiti, le forme organizzative che la Rete si dovrà dare soprattutto i criteri, sulla base dei quali selezionerà i gruppi dirigenti, costituiranno elementi decisivi per la sua credibilità.  La Rete, se vuole stabilire un forte rapporto con il territorio,non può non avere   una struttura policentrica, tenuta  insieme da un patto federativo. I suoi gruppi dirigenti devono essere in grado di parlare il linguaggio della verità,  di sapere assumere posizioni anche  impopolari, spiegando alla gente che la grande festa della spesa pubblica è finita. In questo contesto,  la priorità va data a quelle riforme , anche radicali, che possono essere realizzate senza mobilitare massicce risorse, ma operando con fortissima determinazione.

Una battaglia per i diritti, infatti,  deve fare i conti con resistenze che non vengono solo dai cd poteri forti esterni all’apparato pubblico.

Oggi c’è nel paese una forte  domanda  di liberazione, che viene  soprattutto dal mondo giovanile, da vincoli burocratici e da politiche demeritocratiche che impediscono una  reale mobilità sociale. E’ questa la prima rivoluzione liberale da fare. I tanti giovani che hanno preso la parola nella Convention catanese hanno spiegato che vogliono impegnarsi di più nell’arena pubblica  per cambiare i programmi dei partiti e dei governi, per vedere realizzata  una redistribuzione della ricchezza anche attraverso un nuovo patto tra le generazioni. Essi insomma non vogliono stare a guardare.

A Catania, si è discusso molto delle questioni organizzative. Si è deciso di procedere attraverso forme di organizzazione spontanee a livello comunale, attraverso adesioni individuali e collettive. La “linea” non sarà imposta da nessuno; si approverà  annualmente, mobilitando  tutti i soggetti che si riconoscono nella Rete, una dichiarazione di intenti. Sarà questo il  manifesto programmatico  che dovrà costituire il punto di riferimento  delle azioni che verranno intraprese, il vero contratto con gli elettori.

E’ a livello comunale  che anzitutto occorre selezionare una nuova classe dirigente fatta da coloro i quali non ambiscono a fare i professionisti della politica,che non hanno  cioè come obiettivo quello di diventare amministratori comunali stabilmente  retribuiti dal Comune. Bisogna saper valorizzare tutti coloro, soprattutto giovani, che in questa fase di transizione che la Repubblica sta vivendo vogliono dare una mano. Si tratta di persone che hanno idee, che son in grado di farle circolare, nonché di assumere iniziative sociali destinate a promuovere il buon  governo. I cittadini della Rete, insomma, devono essere in primo luogo cittadini che si impegnano in politica vivendo però del proprio lavoro.

 

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