Il successo delle liste
di Grillo alle ultime elezioni amministrative era nell'aria,
considerati i molti segnali di insofferenza del Paese nei
confronti del governo tecnico, nonché il rancore sempre più
diffuso verso il mondo politico. Mannheimer in un recente
sondaggio ha evidenziato come soltanto tre italiani su dieci
sono interessati alla politica, mentre sei anni fa ad essa
era interessato il 56%. La gente va a votare, ma scegliendo
sempre più partiti e movimenti che tendono a presentarsi
come estranei al sistema dei tradizionali partiti.
E', quindi, prevedibile
che il voto di protesta, oltre ad esprimersi attraverso
l'astensionismo, tenda ad assumere una valenza positiva,
orientandosi verso liste e candidati che si propongono come
espressione di un'altra politica.
Gli scandali che hanno
travolto la Lega hanno creato poi un vuoto destinato sempre
più ad essere occupato da «grillini» e nuovi movimenti di
protesta. È stato giustamente osservato che una siffatta
deriva non può sbrigativamente essere liquidata come una
vittoria dell'antipolitica. Se per antipolitica si intende
la reazione alle mancate risposte politiche del governo o
alla pessima politica dei partiti, non pare dubbio che
l'antipolitica via via diventi una diversa politica , con
riferimento alle idee e ai candidati che vengono proposti.
Se la protesta, anziché esprimersi attraverso l'astensione
dal voto, tende a promuovere nuove classi dirigenti,
affidando ad esse il compito di combattere dall'interno
delle istituzioni le degenerazioni che si registrano nel
mondo dei partiti, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un
processo di rinnovamento della politica, agevolato dal fatto
che cambia l'offerta politica, che pesa meno il voto di
scambio.
Da un lato, avremo
uomini nuovi che vogliono stabilire un forte legame con la
gente radicandosi nel territorio, dall'altro rappresentanti
dei partiti asserragliati dentro le istituzioni, decisi a
difendere con ogni mezzo la propria autoreferenzialità.
Insomma, se di fronte ad una crisi che colpisce sempre più
pesantemente imprese e famiglie, nulla cambia nel mondo
politico, perché gli sprechi si spostano da un apparato
all'altro ma non si eliminano e il finanziamento pubblico -
nonostante qualche aggiustamento di dettaglio - continua ad
essere ingiustificato, è inevitabile che liste come quella
dei «grillini» avranno sempre più successo.
Si sperava che nei
partiti intervenisse un operoso ravvedimento, che venissero
accolte le esortazioni del presidente della Repubblica, il
quale ha chiarito che le riforme istituzionali vanno fatte
non per fare un favore a lui, ma alla stessa classe
politica, oggi pesantemente delegittimata.
L'immobilismo che regna
nei palazzi del potere, il chiacchiericcio sulle riforme che
non produce decisioni sembrano fatte apposta per facilitare
l'opera demolitrice di Grillo, che inevitabilmente troverà
sempre maggiore udienza nel Paese, anche presso l'opinione
pubblica cosiddetta moderata, che non ha nulla a che
spartire con Grillo, ma ritiene le sue provocazioni come il
solo rimedio a portata di mano per dare una spallata al
sistema, visto che con l'astensionismo vincono sempre gli
stessi.
Non può non
impressionare da questo punto di vista la reazione di
quanti, davvero molti, nei giorni scorsi hanno reagito
vivacemente, attraverso internet, alle parole del capo dello
Stato il quale, difendendo la politica ed i partiti, come
presidio delle libertà repubblicane, aveva ridimensionato il
significato politico del successo elettorale del movimento
grillino.
La verità è che gli
eletti nelle liste del movimento «5 stelle» suscitano
simpatia: sono giovani che si propongono di lavorare tra la
gente, oggi nei Comuni e domani in Parlamento. Si tratta di
ragazzi fortemente motivati, che hanno fatto la campagna
elettorale non come replicanti di Grillo, ma parlando di
questioni concrete che riguardano l'attività dei municipi.
Va emergendo un'«altra» classe politica, intenzionata a fare
un percorso assai simile a quello che hanno fatto a suo
tempo gli amministratori locali leghisti, che continuano ad
essere sostenuti dalla fiducia della gente nonostante le
mille difficoltà in cui la Lega si dibatte.
Insomma, si vanno
confrontando due modelli di classe dirigente all'interno
delle istituzioni. Da una parte, i nuovi politici che
parlano delle questioni che riguardano gli interessi
collettivi e non usano il politichese, dall'altra i
tradizionali esponenti di partito che parlano di formule e
di alleanze, che fanno solenni dichiarazioni sul nulla che
nessuno legge e ai quali i giovani guardano come a persone
non in grado di capire le loro esigenze.
Le prossime settimane
saranno decisive per capire se i partiti intendono
percorrere fino in fondo la strada che li porterà al
suicidio, o saranno in grado di compiere un'inversione di
rotta. La difesa ad oltranza dell'attuale legge elettorale
avrà un effetto boomerang per gli attuali partiti. Tutti
dicono di volerla cambiare, ma molti per non fare nulla
dicono di volere approvare tutte le riforme istituzionali
insieme. Una cosa pare certa. I partiti verranno massacrati
in campagna elettorale, se si dovesse votare con il
porcellum.
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