| Nella Catania di domani 
                    si parlerà molto di grandi affari. Si ha un grande affare 
                    quando vi è la prospettiva di mobilitare ingenti risorse, 
                    pubbliche o private, per la produzione di beni o servizi. Su 
                    queste risorse molti lanciano un’opzione, ossia si prenotano 
                    per metterci le mani sopra. I beni e i servizi prodotti in 
                    questo modo sono fonte di benefici e costi, privati e 
                    pubblici. Non sempre tuttavia quei benefici e quei costi 
                    sono ben distribuiti. Il problema sorge quando il beneficio 
                    aggregato è più piccolo del costo aggregato, oppure quando 
                    chi riceve benefici non ha sopportato la giusta dose di 
                    costi.  Se si esclude il caso in cui il grande affare è bene 
                    non farlo perché, fatti i conti, i danni superano i 
                    vantaggi, restano i casi più interessanti in cui 
                    complessivamente l’affare è utile, ma i danni vengono 
                    sopportati da chi riceve nessuno o pochi benefici.   Si può fare un esempio. 
                    Se il grande affare è la costruzione di un grande parcheggio 
                    nel centro della città ci sarà un ovvio beneficio sulla 
                    gestione del traffico, sulla produzione di reddito nel breve 
                    e nel lungo termine, sulla occupazione di lavoratori nel 
                    breve e nel lungo termine; ma potrebbero esserci dei costi 
                    sul piano della sicurezza della struttura se questa viene 
                    fatta con materiali scadenti o competenze improprie; sul 
                    piano dell’ambiente naturale ed urbano che potrebbero essere 
                    danneggiati; sul piano della buona pratica degli affari se 
                    le procedure seguite non rispondono a criteri di 
                    economicità. Ammettendo pure che nel complesso i benefici 
                    superino i costi, potrebbe accadere per esempio che i costi 
                    ambientali siano sopportati da chi non trae alcun beneficio 
                    dall’opera, oppure che la distorsione nelle procedure sia 
                    sopportata dagli utenti della struttura, che pertanto 
                    pagheranno un prezzo, direttamente o indirettamente, 
                    maggiore di quello giustificato dal servizio ricevuto. In 
                    questo caso ci saranno soggetti che riceveranno un 
                    beneficio, sotto forma di profitti, maggiore di quello che 
                    il loro impegno giustificherebbe. Il problema è che queste 
                    distorsioni, oltre alla palese iniquità, hanno l’effetto di 
                    attrarre imprese non particolarmente buone, inefficienti o 
                    rischiose come quelle criminali, le quali ricevendo di più 
                    di ciò che sarebbe giustificato possono permettersi di avere 
                    costi più alti o di essere  poco presentabili.   Dato che una città 
                    moderna ha bisogno anche di strutture di grandi dimensioni 
                    per sfruttare le economie derivanti dalla concentrazione e 
                    dalla dimensione, il problema merita grande attenzione anche 
                    a Catania. Ciò è vero perché a Catania, anche ad uno sguardo 
                    superficiale, non sembra proprio che su questo versante le 
                    cose vadano per il meglio. La città è piena di ipermercati 
                    chiaramente in eccesso rispetto alle caratteristiche del 
                    territorio; è piena di grandi aree destinate a parcheggi ma 
                    interamente inutilizzate; ha diverse strutture pubbliche che 
                    non si sa bene a cosa destinare; ha grandi progetti avviati 
                    e mai conclusi. Non si può essere accusati di atteggiamento 
                    pregiudiziale se si afferma quindi che è bene avviare una 
                    riflessione pubblica sul tema. L’assenza di pregiudizio 
                    impone che si guardi a tutti gli attori coinvolti. Questi 
                    ricadono in ultima analisi all’interno di tre categorie: i 
                    titolari delle risorse impiegate nella produzione dell’opera 
                    e nella prestazione del servizio (imprese, banche e 
                    lavoratori); gli utenti del servizio (cittadini e loro 
                    rappresentanti); gli agenti del controllo (magistratura, 
                    stampa, enti locali, associazioni). Cos’è che, in questo 
                    complesso quadro di interazione, non funziona a Catania?  È evidente che questi 
                    soggetti non hanno tutti la stessa forza: quest’ultima 
                    dipende dalla loro organizzazione interna e dalla loro 
                    disponibilità di risorse. É evidente inoltre che l’interesse 
                    privato e l’interesse pubblico non sono presenti nella 
                    stessa misura nell’operare di ciascun soggetto. Nelle prime 
                    due categorie l’interesse privato è prevalente; nella terza 
                    categoria l’interesse pubblico è prevalente o esclusivo. Ma 
                    l’interesse pubblico è comunque presente. Si trova 
                    nell’operare di un’impresa anche quando stipula contratti di 
                    diritto privato: trattandosi di un grande affare ci sono 
                    sempre effetti su soggetti non direttamente coinvolti nel 
                    contratto. Si trova nell’operare dei lavoratori e delle loro 
                    organizzazioni, che non possono ignorare gli effetti che la 
                    loro attività negoziale ha sull’ambiente esterno. Si trova 
                    ovviamente nell’operare della magistratura che, sia pure nel 
                    rispetto della legge e delle procedure, non può non farsi 
                    carico delle conseguenze sociali delle sue decisioni. Si 
                    trova nell’operare della stampa che sia pure nel rispetto 
                    delle linee editoriali e degli equilibri d’impresa non può 
                    non assolvere al cruciale obbligo di completezza 
                    dell’informazione e di serietà ed equilibrio nelle 
                    inchieste. Sono persuaso che è proprio nella coagulazione e 
                    nella successiva rappresentazione dell’interesse pubblico 
                    che il problema sorge. Vi è infatti a Catania 
                    una certa resistenza dei soggetti coinvolti nei grandi 
                    affari a fare emergere l’interesse pubblico di cui sono 
                    titolari. È fiorita a Catania un’aneddotica dei ‘tavoli’ ai 
                    quali le decisioni importanti verrebbero assunte, che viene 
                    utilizzata dagli uni per darsi un contegno, dagli altri per 
                    vedervi sempre loschi traffici. Si tratta di una pratica, 
                    non certo ignota al resto del paese, che segnala un’idea del 
                    potere, un po’ provinciale ma non per questo meno 
                    vantaggiosa per chi la sposa, secondo la quale una certa 
                    ambiguità ed una certa vaghezza dei confini rende il potere 
                    più forte e più attraente. Si sostiene dunque, sia pure 
                    implicitamente, che il potere esercitato non sia 
                    rendicontabile per intero; e che da ciò nascano vantaggi per 
                    tutti.   Non è questo – come è 
                    ovvio – il modo in cui funzionano le società avanzate. Esse 
                    abbisognano di riflettori potentissimi su tutto ciò che 
                    concerne l’interesse pubblico. Solo in questo modo le 
                    risorse possono essere orientate verso gli usi più 
                    appropriati. E solo in questo modo chi ha una funzione 
                    pubblica da svolgere, sia esso un’impresa o un ente 
                    pubblico, una banca o un giornale, un sindacato o un ufficio 
                    giudiziario,  può essere indotto a farlo nel modo più 
                    responsabile possibile. Occorre in altri termini un bilancio 
                    sociale per ciascun grande affare, un bilancio dal quale 
                    emergano tutti gli attori coinvolti con i loro legittimi 
                    interessi privati e la loro incomprimibile funzione 
                    pubblica. Gli interessi privati dovranno essere 
                    riconosciuti, ma la funzione pubblica con gli obblighi che 
                    essa comporta non potrà essere tralasciata. Occorrerà far di 
                    conto, perché la città tutta possa avere contezza di ciò che 
                    sta dando e di ciò che sta ricevendo e per verificare se 
                    ogni tanto il pareggio tra il dare e l’avere fa eccezione.
                       |