Favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo.
 
 
 
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Le finalità della Fondazione

 
La Fondazione si propone di agevolare il formarsi di una cultura dello sviluppo nelle regioni più deboli del paese con particolare riferimento alla regione Sicilia. In questo senso occorre creare azioni sinergiche tra le regioni meridionali finalizzate a realizzare in Sicilia efficienti politiche della formazione, nonché a favorire tutte le forme di partecipazione orientate ad una migliore tutela dei diritti. In questo contesto è importante favorire il dialogo culturale in tutte le sue forme tra i paesi della sponda Nord  e quelli della sponda Sud del Mediterraneo, individuando nella Sicilia il territorio ideale per ubicare iniziative culturali che facciano di essa un vero e proprio hub della conoscenza.
 

Gli impegni
     
 

Nel perseguimento dello scopo istituzionale, la fondazione si impegna a:

a) svolgere ricerche e corsi di formazione che mirino a diffondere la cultura della partecipazione consapevole;
b) promuovere attività editoriali limitatamente allo scopo istituzionale;
c) divulgare le proprie iniziative attraverso i mass media e la rete internet;
d) organizzare in Sicilia convegni e incontri a livello nazionale ed internazionale per facilitare il dialogo tra i popoli del mediterraneo;
e) svolgere indagini finalizzate alla migliore conoscenza delle condizioni di vita dei popoli della regione mediterranea;
f) supportare attraverso la documentazione e la ricerca le attività delle istituzioni impegnate negli ambiti in oggetto;
g) diventare membro di altre organizzazioni e stipulare convenzioni con altre istituzioni

 
     
 

 


 
Conferenza economica
La Sicilia e la crisi
Ripensare lo sviluppo
 

 

  La Sicilia nella crisi 

Dal 2001 ad oggi la crescita della Sicilia è stata inferiore a quella della media nazionale, che risulta comunque distante da quella dei paesi economicamente più dinamici; la stessa economia europea appare in condizioni di svantaggio verso i principali competitori internazionali. In una tale condizione, la ripresa di cui oggi si ravvisano rare tracce nelle economie più avanzate tarderà a coinvolgere Europa, Italia e, solo in ultimo, potrà comprendere la Sicilia. Per conseguenza, essa sarà tra le ultime realtà d’Europa ad invertire la tendenza.

  Gli interrogativi 

Cosa condanna, oggi come ieri, la Sicilia al ruolo di ultima carrozza del convoglio? Esistono, a fondamento del suo rallentato sviluppo, variabili economiche obiettive su cui è pensabile intervenire o conviene rassegnarsi all’irredimibilità di un carattere immutabile? E cosa è stato fatto per condurre la sua economia ai livelli del resto del Paese?

  Gli interventi del passato e le loro insufficienze

 Da quarant’anni a questa parte l’investimento infrastrutturale nel Mezzogiorno d’Italia è stato superiore a quello della media nazionale; ciononostante, questi investimenti non hanno consentito uno sviluppo proporzionale al loro valore. Si avanzano tradizionalmente due spiegazioni per dare conto di questo fenomeno: da un canto si fa riferimento alle caratteristiche morfologiche del territorio siciliano, che impedirebbero una resa dell’investimento paragonabile a quella di luoghi orograficamente più fortunati. Dall’altra parte, si assume che la differenza tra l’investimento infrastrutturale e la sua resa in termini di sviluppo sia un indice del livello di corruzione: la maggiore costosità relativa dell’investimento indicherebbe che corrotti e corruttori siano in grado di apprenderne una significativa parte.

  Le consuetudini e i linguaggi: le infrastrutture immateriali

Precisamente occorre riferirsi ad investimenti in infrastrutture umane e sociali, capaci di correggere i vincoli sociali informali che così intensamente pesano sulla dinamica dell’economia e della società della Regione: la presenza di un certo tipo di famiglia, di un capillare sistema clientelare, di rendite parassitarie ampie e di un personale lobbistico affermato e difficilmente sostituibile, induce la rassegnazione, la conformizzazione e la sudditanza come migliori meccanismi adattivi, consentendo la sopravvivenza di un livello di benessere individuale sufficiente per quel territorio ma totalmente inadeguato altrove. In sintesi, a causa dell’esistenza di vincoli informali tipici della cultura siciliana, la soglia di benessere sufficiente è particolarmente bassa. I vincoli informali siciliani sono quindi un’arma a doppio taglio: da un canto permettono il mantenimento di un livello di sussistenza in condizioni peggiori di quelle di altre parti del paese, dall’altra funzionano come freno: una cintura di sicurezza che ad un tempo protegge ed immobilizza.

Tempo di crisi come tempo di opportunità

 Il tempo di crisi è un tempo privilegiato per invertire la tendenza. A fronte di un relativo benessere, infatti, non esiste alcun incentivo individuale o collettivo a mettere in discussione una istituzione, formale o meno, che assicura il mantenimento dello status quo. Non si avverte il cambiamento come una impellente necessità, ma solo come un’opportunità di miglioramento rinviabile sine die. Quando però, a causa di una crisi delle dimensioni di quella attuale, si è in procinto di oltrepassare verso il basso la soglia critica di benessere individuale che consente il mantenimento dell’assetto istituzionale, tali incentivi compaiono. Si mette allora in moto da sé un dinamismo e un’attenzione che permette agli individui di dubitare per il futuro dell’attitudine dei linguaggi fino ad allora sufficienti a garantire la sopravvivenza. È questa dunque, e in questo momento, la leva che può essere impugnata.

  I destinatari dell’intervento

 Scuole e università anzitutto possono allora essere il volano di questa operazione. Riscrivere vincoli non formali è compito che richiede un investimento protratto per un tempo assai lungo, e ridisegnare un apparato culturale e linguistico non è ovviamente operazione che possa essere dettagliatamente progettata. Sarebbe però sufficiente estendere i confini delle relazioni, promuovere scambi che permettano agli individui di venire in contatto con linguaggi e consuetudini più diffusi e dinamici, perché questi stessi apprezzino i nuovi strumenti, li replichino nei propri territori e divengano attori di un cambiamento stabile. Tutto questo è per definizione molto più semplice per le giovani generazioni, dotate di maggiore mobilità, più pronte al recepimento delle novità e meno calcificate nella ripetizione di apparati consuetudinari.

  La responsabilità dell’azione

 Si tratta di un atto di coraggio e di generosità verso il futuro che l’attuale classe dirigente (avversamente selezionata anche a causa dell’asimmetria informativa prodotta da quei vincoli formali) potrebbe non avere la lungimiranza per porre in essere; resta tuttavia un percorso obbligato, perché l’unico in grado di mettere in moto un circolo virtuoso e il solo atto a proteggere quella stessa classe dirigente da rivolgimenti non controllabili.

 Sarà, tale rischio, un incentivo sufficiente ad agire?


 

 
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Il programma

I commenti
 





CONFERENZA ECONOMICA
LA SICILIA E LA CRISI
RIPENSARE
LO SVILUPPO

16 Aprile 2010
ore 15,30/19,30

17 Aprile 2010
ore 09,30/13,30


Palazzo dell’E.S.A.
Via Beato Bernardo, 5 Catania (CT)


Introduce i lavori
Salvo Andò

Relazioni di base
Maurizio Caserta
Alessandro Garilli
Giovanni Pitruzzella
Liborio Termine


I sessione
Presiede
Francesco Forte


II sessione
Presiede
Emilio Giardina

Interventi
Francesco Attaguile
Bruno Busacca
Claudio Costantino
Calogero Guccio
Massimo Gulisano
Ivan Lo Bello
Sebastiano Mazzù
Anna Mignosa
Carmela Panella
Francesco Providenti
Giuseppe Sopranzetti
Salvo Spagano
Giuseppina Talamo
Anna Valvo
Davide Zammataro


È prevista la partecipazione
dell’On. Michele Cimino

 

 


 

 
 
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